Rete La7, 8 e 1/2 del 22 aprile 2024: il punto di Paolo Pagliaro
Composizione del Comitato Promotore del Referendum
COMUNICATO STAMPA
COSTITUITO IL COMITATO REFERENDARIO CONTRO IL ROSATELUM
Roma, 18 aprile 2024
Si è costituito il 17 aprile, presso lo Studio Notarile Fanfani-Pellegrino di Roma, il Comitato promotore del referendum per l’abrogazione parziale delle attuali leggi elettorali per la Camera e per il Senato, il cosiddetto Rosatellum.
Ne dà notizia l’ex senatore liberale Enzo Palumbo che, con Paolo Antonio Amadio e Sergio Bagnasco e in sinergia col compianto sen. Carlo Felice Besostri, ha curato la stesura dei quesiti referendari
Il comitato promotore è presieduto da Elisabetta Trenta, presidente d’onore è Giorgio Benvenuto, la vicepresidenza è affidata a Vincenzo Palumbo, Raffaele Bonanni, Sergio Bagnasco. La segreteria organizzativa è affidata a Riccardo Mastrolillo, Luigi Spanu e Thomas Agnoli. Il tesoriere è Pietro Morace.
Tra i numerosi componenti, Enzo Paolini, Marco Cappato, Nella Toscano, Paolo Antonio Amadio, Nicola Bono, Erminia Mazzoni, Mario Walter Mauro, Francesco Campanella, Mauro Vaiani, Matteo Emanuele Maino.
Martedì 23 aprile, alle ore 17:30, presso la sala stampa di Montecitorio, i promotori del referendum presenteranno agli organi d’informazione i quesiti referendari e la campagna per la raccolta delle firme.
L’ufficio Stampa del Comitato Referendario Per La Rappresentanza
Per info e contatti
3489044343
Si costituisce il Comitato referendario contro il "Rosatellum"
COMITATO REFERENDARIO PER LA RAPPRESENTANZA
COMUNICATO STAMPA
SI COSTITUISCE IL COMITATO REFERENDARIO CONTRO IL ROSATELLUM
Roma, 17 aprile 2024
Si costituisce oggi, presso lo Studio Notarile Fanfani-Pellegrino di Roma, il Comitato promotore del referendum per l’abrogazione parziale delle attuali leggi elettorali per la Camera e per il Senato, il cosiddetto Rosatellum.
Ne dà notizia l’ex senatore liberale Enzo Palumbo che, con Paolo Antonio Amadio e Sergio Bagnasco e in sinergia col compianto sen. Carlo Felice Besostri, ha curato la stesura dei quesiti referendari.
Martedì 23 aprile, alle ore 17:30, presso la sala stampa di Montecitorio, i promotori del referendum presenteranno agli organi d’informazione i quesiti referendari e la campagna per la raccolta delle firme.
L’ufficio Stampa del Comitato Referendario Per La Rappresentanza
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Maggiori informazioni:
Perché OGGI un referendum sulla legge elettorale
Articolo in pdf scaricabile da QUI
Perché OGGI un referendum sulla legge elettorale
L’attuale legge elettorale, nota con il nomignolo Rosatellum, dal nome del suo ideatore, Ettore Rosato, è stata approvata nel 2017.
Il Parlamento che approvò il Rosatellum, con ben 8 voti di fiducia, fu l’ultimo dei tre parlamenti eletti con il cosiddetto Porcellum, che la Corte Costituzionale ha giudicato incostituzionale in più punti.
Sin dal 2017 iniziarono i tentativi di ottenere un giudizio d’incostituzionalità sulla nuova legge elettorale.
Per un referendum abrogativo del “Rosatellum”
con preghiera di diffondere fra tutti e tutte coloro che potrebbero darci una mano
Qualunque sia l’esito della riforma costituzionale promossa dal governo Meloni (riforma che prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio a cui sarebbe garantita la maggioranza assoluta del parlamento) è necessario che il prossimo parlamento sia eletto con una legge elettorale che non replichi gli aspetti incostituzionali presenti nella legge attuale.
Purtroppo, a causa dell'inerzia parlamentare, avere una nuova legge elettorale, conforme ai principi costituzionali, è possibile solo con referendum abrogativo.
Non resta, quindi, che utilizzare lo strumento del referendum abrogativo per cancellare dal "Rosatellum" gli elementi incostituzionali che impediscono l’esercizio di un voto libero, personale, diretto.
In questo modo,
-
nel caso la riforma costituzionale dovesse essere approvata definitivamente, si potranno mettere dei "paletti" per una nuova legge elettorale che non replichi gli attuali vizi d'incostituzionalità;
-
nell'auspicato caso che la riforma costituzionale sia respinta, ci garantiremmo la possibilità di non tornare a votare col Rosatellum.
I quesiti referendari sono ormai in dirittura d’arrivo e vogliamo che le firme siano raccolte entro l’estate affinché il referendum si possa svolgere entro la primavera 2025.
A tal fine, dobbiamo in breve tempo costituire tanti comitati locali per organizzare le necessarie attività.
Pertanto, invitiamo chiunque voglia collaborare a partecipare alla prossima delle riunioni che teniamo ogni lunedì alle 18:00, collegandosi al seguente link:
https://us06web.zoom.us/j/81868320780?pwd=kak3Pb8fdTgdon2BZpF8qyUiBsGLu5.1
ID riunione: 818 6832 0780
Codice d’accesso: CDC
Cortesemente, per ragioni tecniche, annunciate la vostra partecipazione.
Alleghiamo un breve documento politico che spiega le ragioni del referendum per modificare la vigente legge elettorale. Il documento si può scaricare in pdf da QUI.
Con l'augurio di poterne discutere presto insieme, inviamo i più cordiali saluti
Per la Rappresentanza <perlarappresentanza@gmail.com>
https://coordinamentoperlarappresentanza.blogspot.com/
Comitato per la rappresentanza e contro il rosatellum
in continuità e ricordo di Felice Carlo Besostri
Un Referendum per cambiare la legge elettorale e restituire centralità e rappresentatività al Parlamento
Questo testo si può scaricare in pdf da QUI
Scelte politiche che arrivano da lontano sono ormai sfuggite di mano alle maggiori forze politiche parlamentari col risultato che la spasmodica ricerca della stabilità di governo ha condotto alla fine della rappresentatività del Parlamento e con essa è stata azzerata la democrazia rappresentativa.
Non possiamo restare inerti! Possiamo ancora fermarci e imboccare la via maestra, indicata dalla Costituzione nata dall’Antifascismo e dalla Resistenza, che impone il dovere inderogabile della solidarietà politica, economica e sociale, all’interno di una democrazia rappresentativa basata sulla centralità del Parlamento.
Dagli inizi degli anni novanta del secolo scorso il mondo politico ha scelto di sacrificare la rappresentatività del Parlamento per inseguire la cosiddetta “governabilità”. Il sacrificio della rappresentatività del Parlamento è giunto a un tale livello d’irragionevolezza da essere sanzionato dalla Corte costituzionale. L’attuale sistema elettorale, noto come rosatellum, replica aspetti d’incostituzionalità del famigerato porcellum! In breve, per riprendere le parole della Corte costituzionale (sentenza n.1/2014), alla totalità degli eletti manca il sostegno diretto degli elettori perché i partiti si sono sostituiti agli elettori nella scelta di coloro che dovrebbero rappresentare gli elettori.
Il ricordo di Felice Besostri della figlia Nathalie
Questo saluto a Felice Besostri, mio padre, non può che iniziare con il ringraziamento a tutti i presenti oggi, oltre a coloro che hanno avuto la possibilità e la volontà di stargli accanto in queste ultime e difficili settimane: siete tutti parte del tessuto che ha costituito i suoi giorni, ed è bello pensare che in ciascuno vi sia una traccia del contatto con lui, sicché invece di morire, si moltiplica nella pluralità di punti di vista ed esperienze.
Felice Besostri è ancora con noi
Presentazione di ricorsi alle Giunte per le elezioni delle Camere
In questa fase della nostra azione, noi facciamo pervenire alle Giunte per le Elezioni di Camera e Senato non più semplici reclami, ma veri e propri *ricorsi* contro la convalida della proclamazione di uno, o più, o anche tutti, i candidati proclamati eletti *nelle circoscrizioni in cui ognuno e ognuna di noi ha votato*.
Siete ancora in tempo a presentare il reclamo!
Non avete presentato il reclamo che abbiamo proposto nella giornata del 25 settembre 2022?
1) perché avete votato dall'estero per corrispondenza?
2) perché l'avete saputo solo dopo?
Potete farlo via posta. Avete tempo fino al 15 ottobre.
Ne sono stati presentati MIGLIAIA, ma più sono e meglio è.
Il 25 settembre tutti e tutte al seggio a presentare un reclamo!
PROTESTA CONTRO IL “ROSATELLUM”
PER UNA LEGGE ELETTORALE RISPETTOSA DELLA COSTITUZIONE!
Il 25 settembre andremo a votare con il cosiddetto “Rosatellum”, una legge elettorale che consideriamo per alcuni aspetti incostituzionale perché:
impedisce di scegliere i propri candidati a causa delle liste bloccate;
-
impedisce il voto disgiunto, per cui chi vota una lista bloccata di partito vota obbligatoriamente anche il candidato uninominale collegato che potrebbe non essere gradito o, nel caso delle coalizioni, potrebbe appartenere a un partito che non vorremmo rafforzare; invece, chi vota solo il candidato uninominale, automaticamente vota anche tutte le liste a esso collegato;
-
privilegia alcune minoranze linguistiche discriminandone altre;
-
discrimina i territori rendendo diseguale l’effetto del voto, il voto espresso in Calabria vale quasi la metà del voto espresso in Trentino-Alto Adige.
Elezioni politiche 2022 - il testo del reclamo
Il testo in formato stampabile si trova QUI
reclamo e protesta
ai sensi degli artt. 74 e 87 T.U. Elezione Camera deputati, tutelato dall’art. 104, c. 5 del DPR 361/1957,
applicabile anche al Senato della Repubblica ex art. 27, d.lgs n. 533/1993
Elezioni politiche 2022 - come presentare il reclamo
Le istruzioni in formato stampabile si trovano QUI
ISTRUZIONI PER LA PRESENTAZIONE DEL RECLAMO
-
Stampa DUE COPIE (una per la Camera ed una per il Senato) della protesta/reclamo che trovi all'indirizzo web http://www.terra32.it/rappresentanza/reclamoElezioni2022.pdf
se lo desideri, nella casella “ulteriori ed eventuali ragioni di reclamo” aggiungi quello che ritieni opportuno, altrimenti barra la casella;
-
completale con i tuoi dati e firmale entrambe;
-
portale al seggio elettorale con la tua tessera elettorale, un documento valido e il tuo Codice Fiscale.
Il testo del ricorso contro il Rosatellum
Il testo in formato stampabile si trova QUI
TRIBUNALE CIVILE DI TRIESTE
Ricorso ex art. 702 bis c.p.c.
per tutela di diritto costituzionale fondamentale
Ricorrono
I Signori
[Nomi, cognomi, dati anagrafici di 9 elettori ed elettrici del Comune di Trieste - omissis]
rappresentati e difesi nel presente giudizio dagli avv.ti Felice C. BESOSTRI del Foro di Milano e Giovanni Ventura del Foro di Trieste, presso il quale è eletto speciale domicilio per la ricezione di ogni atto, notifica e/o comunicazione relativi al presente giudizio, come da procura speciale rilasciata ex art. 83 c.p.c. ed allegata alla busta di deposito del presente atto, i quali dichiarano di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria agli indirizzi di PEC [omissis] e o al numero di fax [omissis],
ricorrenti
CONTRO
Perché un ricorso contro la legge elettorale
La legge elettorale non aiuta ad arrivare a fine mese o a ottenere una rapida prestazione sanitaria, ma la legge elettorale stabilisce le regole per rinnovare il Parlamento dove si decide sulla qualità della nostra vita. Pertanto, affermare “non m’interessa la legge elettorale” significa non curare i propri interessi perché dalla legge elettorale dipende tutto ciò che scandisce la nostra vita.
Nel 2017 è stata approvata una nuova legge elettorale, nota come Rosatellum, che, come le precedenti (Porcellum 2014 e Italicum 2017) già bocciate in più punti dalla Corte Costituzionale, impedisce la piena libertà di voto, calpesta il diritto degli elettori di scegliere i propri rappresentanti e compromette la rappresentatività del Parlamento, ancor più oggi dopo il taglio dei parlamentari.
Percorsi di lettura
Rosatellum: antefatto e
status quo - di Sergio Bagnasco
illustra il motivo per cui si è resa necessaria una nuova legge elettorale dopo il referendum del 2016 sulla riforma Boschi-Renzi
spiega i meccanismi della vigente legge elettorale mettendo in risalto gli aspetti critici
- Cosa succederebbe se si votasse con il Rosatellum
illustra le conseguenze in termini di perdita di rappresentatività del Parlamento se si votasse nuovamente con il Rosatellum dopo il taglio dei parlamentari
- Il mito della stabilità di governo
spiega che anche il Rosatellum è figlio della pretesa ormai trentennale di inseguire la stabilità di governo attraverso la legge elettorale (è un punto cruciale perché questo assunto è stato in modo apodittico fatto proprio dalla Corte costituzionale ed è alla base dei ragionamenti poco convincenti sviluppati dalla Corte con le sentenze 1/2014 e 35/2017)
Come si è arrivati alla Corte Costituzionale, e le risultanze degli interventi giurisdizionali
- di Sergio Bagnasco
- I ricorsi contro la legge elettorale
introduce il tema
onnipresente da 15 anni che vede le diverse leggi elettorali al centro di una
complessa vicenda giudiziaria (singolare che un tema squisitamente politico
diventi un tema giudiziario; un unicum in tutto il mondo democratico)
il tema elettorale giunge finalmente al
giudizio della Corte e si illustra il difficile rapporto tra la Corte e il
Potere legislativo, con le conseguenze che ne derivano
sono i diversi aspetti che emergono dalle sentenze della Corte; ogni aspetto è affrontato in modo unitario per dare il quadro della situazione in cui ci troviamo
- Cosa resta dopo decenni di ricerca della stabilità attraverso la legge elettorale?
sorta di conclusione: dopo un iperattivismo legislativo, sul piano politico siamo al punto di partenza, ma con una serie di paletti piantati dalla Corte che rendono oggi la vicenda elettorale molto più preoccupante di quanto lo fosse nel 1993. Oggi, siamo molto vicini a una nuova legge Acerbo, vale a dire a un nuovo suicidio del Parlamento come quello che rese possibile nel 1923 una svolta totalitaria nel rispetto formale delle garanzie statutarie.
Perché il Rosatellum
Nel 2016, dopo la
bocciatura della riforma costituzionale Boschi-Renzi e le dimissioni del
governo, in tanti chiedevano le elezioni anticipate.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affidò invece a Paolo Gentiloni l’incarico di formare un nuovo governo spiegando che non era possibile andare a elezioni anticipate perché avevamo “per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale”.
Peccato non abbia rilevato questa evidenza quando promulgò
la legge, essendo un rischio implicito nell’approvazione e nella promulgazione
della legge elettorale nota come Italicum. Questa nuova legge, infatti, riguardava la sola Camera
dei deputati e aveva la sua ragione di esistere nell’ipotesi fosse stata approvata
definitivamente la riforma costituzionale Boschi-Renzi che escludeva il Senato
dal vincolo fiduciario col Governo e lo rendeva a elezione indiretta.
La Corte
costituzionale aveva, infatti, affermato che una ragionevole alterazione della
rappresentanza è accettabile solo se favorisce la stabilità di governo e
maggioranze omogenee tra le due camere. Nulla di ciò è possibile se abbiamo due
camere elettive, di cui una alterata da un premio di maggioranza, con due leggi
profondamente diverse ed entrambe legate da vincolo fiduciario con l’esecutivo.
Il governo Gentiloni
chiese la fiducia alle camere affermando che avrebbe lasciato al Parlamento
ogni decisione sulla legge elettorale.
Il Parlamento
preferì non partire dalle leggi esistenti, vale a dire il Porcellum per il
senato privato del premio di maggioranza e con l'aggiunta della preferenza o dall’Italicum
privato del ballottaggio, e puntò a una nuova legge elettorale giungendo dopo
lunghi mesi di proposte all’approvazione mediante ripetuti voti di fiducia
(meno male che il governo doveva starne fuori) a una legge elettorale mista
passata alla storia con il nomignolo di Rosatellum dal nome del principale
ideatore Ettore Rosato.
Così, il Parlamento,
eletto nel 2013 con il Porcellum, dopo
aver approvato l’Italicum – mai utilizzato – ha approvato nel 2017 una nuova
legge elettorale, il Rosatellum, da tutti considerata
transitoria e quindi come da tradizione ancora in vita.
Come funziona il Rosatellum
Il Rosatellum
(legge n. 165/2017) è stato utilizzato per prima volta (e noi lavoriamo perché
sia anche l’ultima) alle elezioni del 2018. Questa legge è stata poi modificata
con legge n. 51/2019 per rendere la legge elettorale idonea a qualsiasi numero
di parlamentari.
Il sistema
elettorale vigente consiste in una legge
elettorale mista, per 3/8 con collegi uninominali e 5/8 proporzionali; con listini bloccati (non è possibile
esprimere una preferenza) e senza voto
disgiunto tra lista proporzionale e collegio uninominale (in cui si
aggiudica il seggio chi prende più voti).
Concorrono alla
ripartizione dei seggi solo le liste che superano a livello nazionale il 3%. Le
coalizioni devono superare il 10% a condizione che almeno una delle liste
coalizzate abbia superato il 3%. Le liste che fanno parte di una coalizione e
non raggiungono l’1% dei consensi non concorrono al superamento della soglia di
coalizione.
Un candidato può
presentarsi in un solo collegio uninominale e in 5 collegi plurinominali, con
la conseguenza che potrà risultare eletto in più collegi, al punto che la legge
prevede anche il caso che si esauriscano tutti i candidati in un collegio e si
debba ricorrere a candidati di altri collegi per assegnare il seggio.
L’elettore dispone
di una sola scheda elettorale e può porre un segno solo su un candidato
uninominale, o solo su una lista proporzionale o su un candidato uninominale e
su una lista proporzionale a esso collegata, pena l’annullamento del voto.
La conseguenza di
questo impianto legislativo è la sistematica
violazione della volontà dell’elettore.
Infatti, chi vota
solo un candidato uninominale, vota anche le liste a esso collegate; chi vota
solo una lista proporzionale, senza poter scegliere all’interno della lista,
vota anche il candidato uninominale. Chi vota candidato uninominale e una lista
plurinominale collegata, sa solo che concorre a eleggere il candidato
uninominale ma non sa chi concorre a eleggere nella quota proporzionale.
Ogni voto, infatti, ai
fini della ripartizione dei 5/8 dei seggi finisce in un totalizzatore
nazionale, poi l’assegnazione alle liste sarà effettuata in base alla classifica
nazionale. Ne consegue che un voto dato alla lista X a Brescia concorre a
consentire alla lista il superamento della soglia di sbarramento e in caso
positivo ad avere degli eletti che però potrebbero essere a Bari perché lì la
lista X ha preso più voti.
La tesi delle liste
corte e bloccate che garantirebbero la conoscibilità dei candidati e con essa
la scelta, è con evidenza priva di qualsiasi pregio culturale perché
bisognerebbe conoscere tutti i candidati d’Italia. In ogni caso, conoscere non significa scegliere e nemmeno
apprezzare.
Per quanto esposto,
risulta evidente che il voto NON E’
UGUALE, LIBERO, DIRETTO e PERSONALE, come richiesto dalla Costituzione
(articoli 48, 56 e 58).
La ripartizione dei
seggi avviene, infatti, verificando quali sono le coalizioni che hanno
raggiunto il 10% e quindi assegnando a esse un numero di seggi corrispondente
alla cifra elettorale; poi si ripete l’operazione con le liste non coalizzate
che hanno raggiunto il 3%.
La conseguenza è che
se una coalizione è composta dalle liste A – B – C – D – E dove A prende il 4%
dei consensi, B e C ciascuna il 2,5%, D l’1,5% e infine E lo 0,8%, questa
coalizione ha una cifra elettorale pari a 10,5% (ottenuta sommando i consensi
di A, B, C e D, mentre E non partecipa perché è sotto l’1%) ma tutti i seggi andranno alla lista A in
quanto è l’unica ad aver superato il 3%.
Chi ha votato un
partito finisce contro la sua volontà a ingrassare un altro partito. Effetto palesemente incostituzionale e anche
irragionevole dal momento che il Rosatellum non richiede che una coalizione
abbia un programma comune e un capo politico unico. Le coalizioni elettorali
non hanno alcun vincolo e ogni partito anche se coalizzato può fare le scelte
politiche che preferisce.
La Lega, alleata con
FI e FdI, sostenne il governo con il M5S mentre i suoi alleati elettorali
restarono all’opposizione; adesso FdI è all’opposizione del governo Draghi
mentre gli altri alleati sono al governo.
Questo meccanismo produce
un sistematico slittamento del voto
da un partito all’altro, da una lista proporzionale al candidato uninominale e
viceversa, rendendo il voto diseguale e
indiretto, in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione. Un partito
coalizzato che prende gli stessi voti di un partito non coalizzato può così ottenere
una quantità di seggi molto superiore a quella che gli spetterebbe in base alla
propria cifra elettorale.
La mancanza del voto disgiunto tra
candidato uninominale e lista proporzionale rende il voto non libero. Infatti, l’elettore che non gradisce il candidato
uninominale può votare la sola lista proporzionale, ma il suo voto sarà
conteggiato anche ai fini dell’elezione del candidato uninominale. Abbiamo
quindi una sorta di consenso tacito
a favore del candidato uninominale qualunque sia il voto espresso.
L’impossibilità di
scegliere tra i candidati produce un Parlamento
di nominati e priva l’elettore del
proprio diritto di scelta dei propri rappresentanti.
La legge elettorale
vigente è per queste ragioni in forte odore di incostituzionalità, soprattutto
per la mancanza del voto disgiunto tra candidato uninominale e listino
proporzionale e per l’impossibilità di esprimere una preferenza, cosicché sono
gli organi di partito, attraverso le pluri-candidature e l’ordine di
presentazione in lista, a decidere chi potrà accedere al seggio parlamentate e
proprio per questo ancora una volta i
cittadini stanno ricorrendo allo strumento del ricorso per ripristinare il
proprio diritto di scegliere i propri rappresentanti.
Cosa succederebbe se si votasse adesso con l'attuale legge elettorale?
La riduzione dei
parlamentari in combinazione con la vigente legge elettorale accentua la
distorsione maggioritaria originaria del Rosatellum, comprimendo il pluralismo
e la rappresentatività del Parlamento, massima espressione della sovranità
popolare, in modo particolare al Senato.
Alle prossime
elezioni andrebbero eletti 400 deputati e 200 senatori e con il sistema vigente
avremmo che alla Camera del Deputati, tolti i deputati riservati alla circoscrizione
estero (8) e tolto quello riservato alla Valle d’Aosta (1), rimarrebbero 391
deputati da distribuire tra uninominale e plurinominale nelle 27
circoscrizioni.
I deputati eletti
nei collegi uninominali sarebbero 147; quelli eletti con il proporzionale 244.
La circoscrizione
Piemonte 1, per esempio, avrebbe 15 deputati da eleggere; 9 con il
proporzionale e 6 con il maggioritario.
Ne consegue che nel
proporzionale la soglia naturale per avere un eletto sarebbe pari all’11,11%;
sotto questa soglia occorre fare affidamento ai resti. Situazioni analoghe o
peggiori si verificherebbero in tante altre circoscrizioni.
Al Senato, con 74
seggi uninominali su complessivi 200, la situazione sarebbe ancora più critica
perché i seggi sono assegnati su base regionale e una regione come il Piemonte
avrebbe solo 14 senatori da eleggere, di cui solo 9 con il proporzionale
(soglia naturale 11,11%).
Con questo sistema
elettorale, la coalizione che in modo uniforme su tutto il territorio nazionale
viaggia intorno al 40% può aggiudicarsi la maggioranza assoluta dei seggi e
addirittura arrivare ben oltre il 60% dei seggi se i maggiori competitor non
dovessero coalizzarsi.
Se si considera che
nel nostro sistema chi ha la maggioranza assoluta del Parlamento controlla
l'esecutivo, può esprimere il Presidente della Repubblica, può riscrivere i
regolamenti parlamentari riducendo i già labili spazi concessi alle opposizioni,
può esercitare un forte controllo sulla Corte Costituzionale, può modificare la
Costituzione senza la certezza di un referendum confermativo, che in ogni caso
non si tiene se la revisione è approvata dai 2/3 del Parlamento ... sono
evidenti i rischi per la democrazia parlamentare e le garanzie costituzionali.
Il mito della stabilità di governo
Anche il Rosatellum è nato inseguendo il mito della stabilità di governo, sebbene la logica, la Costituzione e la storia dimostrino che la stabilità di governo non dipende dalla legge elettorale, che serve a trasformare i voti in seggi sulla base di un modello matematico, ma dal sistema istituzionale nel suo insieme.
Nel nostro sistema l’esecutivo deve avere la fiducia delle due camere, che per previsioni costituzionali hanno diversi elettorati e diversi metodi di assegnazione dei seggi; pertanto, la probabilità di avere maggioranze differenti tra le due camere o di non avere una maggioranza precostituita in una o entrambe le camere sono esiti che possiamo considerare inefficienti, ma pienamente conformi alla Costituzione e quindi eliminabili solo modificando la Costituzione.
Inoltre, in
un sistema in cui è sempre possibile in Parlamento formare una nuova
maggioranza, è velleitario pensare che una legge elettorale possa produrre “il governo scelto dagli elettori” senza
una profonda riforma costituzionale.
Con il Mattarellum
(legge elettorale mista per il 75% con collegi uninominali, approvata nel
1993), abbiamo votato nel 1994, 1996 e 2001, con il risultato di avere in 12
anni 3 legislature, 8 esecutivi e 5 diversi Presidenti del Consiglio.
Con il Porcellum
approvato nel 2005 (legge elettorale proporzionale con premio del 55% dei seggi
al primo classificato alle elezioni per la Camera e al Senato al primo
classificato in ogni Regione) abbiamo votato nel 2006, 2008, 2013 con il
risultato di avere in 12 anni 3 legislature, 6 esecutivi e 6 diversi presidenti
del consiglio.
Con entrambe le
leggi abbiamo avuto cambi di maggioranza, i famosi ribaltoni, forze politiche
nate in Parlamento e mai votate dagli elettori, il trionfo del trasformismo e
dei voltagabbana …
Adessso, con il
Rosatellum, siamo già a 3 esecutivi con 2 diversi presidenti del consiglio, ma
potremmo dire 3 presidenti perché il Conte 2 per metamorfosi non è lo stesso
Conte che esaltava Trump e i decreti sicurezza …
Il risultato è
sempre stato una profonda alterazione della rappresentatività del Parlamento
senza ottenere alcuna stabilità di governo.
Il risultato è stato
aver premiato le coalizioni che nel nostro sistema diventano invito alla
frammentazione perché non c’è corrispondenza tra come le forze politiche si
presentano alle elezioni e come si collocano in Parlamento.
Prendiamo la prima
maggioranza nata dopo le elezioni del 2018: governo Conte sostenuto da M5S e
Lega.
La Lega era in
coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Grazie a questa coalizione La Lega ottenne la
bellezza di 50 deputati e 21 senatori
eletti nel maggioritario. Elettori di FI e FdI votarono quei candidati
leghisti per dare forza a un progetto politico di centro-destra, ma grazie a
questi parlamentari leghisti eletti nei collegi uninominali la Lega ha potuto
formare la maggioranza con il M5S.
In cosa consiste il
valore positivo della coalizione se dopo il voto la coalizione non esiste più
ma esistono i singoli gruppi parlamentari?
Che fine fa la
volontà dell’elettore che ha votato un candidato di coalizione per dare forza a
un progetto politico, se poi il suo voto serve una causa diversa da quella
sostenuta dalla coalizione?
Nel nostro sistema, favorire la formazione di una coalizione
significa alterare la rappresentatività del Parlamento senza rafforzare
stabilità e governabilità.
Alle elezioni del
2013, il premio consentì al centrosinistra di avere la maggioranza alla Camera,
ma non al Senato; nacque una maggioranza tra avversari con addirittura nuove
forze politiche mai votate dagli elettori.
Nel 2013, la
coalizione di centrosinistra, “Italia Bene Comune”, si sfaldò e SEL, che ne
faceva parte, passò all’opposizione, ma la sua consistenza parlamentare aveva
avuto un gran beneficio dal premio.
Le coalizioni e il premio
hanno sempre prodotto una profonda alterazione dei rapporti di forza tra le
diverse componenti politiche in Parlamento, senza ottenere alcuna stabilità di
governo.
Inutile e dannoso
inseguire la stabilità di governo con la legge elettorale senza alcuna coerenza
con il sistema istituzionale che è pur sempre incentrato sul governo
parlamentare.
I RICORSI CONTRO LE LEGGI ELETTORALI
Negli ultimi
anni il Parlamento ha approvato diverse leggi elettorali per il rinnovo del
Parlamento che hanno dato un intenso lavoro alla Corte costituzionale e al
sistema giudiziario nel suo insieme, giacché non è possibile accedere al
giudizio della Corte senza passare per un Tribunale.
Il
cosiddetto Porcellum arrivò al vaglio della Corte dopo una lotta giudiziaria
durata anni. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12060/2013, riconobbe che
la legge elettorale del 2005 presentava rilevanti
e non manifestamente infondate questioni di legittimità costituzionale.
Nelle motivazioni con cui rimette il giudizio alla Corte Costituzionale, la
Cassazione accolse i rilievi riguardo a premio di maggioranza alla Camera,
premio di maggioranza al Senato, liste bloccate che delegano agli organi di
partito l’effettiva selezione dei parlamentari; respinse, invece, i rilievi relativi
all’indicazione del candidato premier poiché ritenne che questa non fosse lesiva
delle prerogative del Presidente della Repubblica, perché in teoria libero di affidare l'incarico di formare il governo a persona diversa da quella che la coalizione vincente aveva indicato.
Si trattava
di contestazioni già da tanti giuristi sollevate nel 2005, al tempo della
discussione del Porcellum in Parlamento, ma nonostante quelle evidenze la legge
fu promulgata e il centrosinistra che vinse nel 2006 le elezioni non fu capace
di sbarazzarsi di quella legge, sebbene avesse in campagna elettorale promesso
di farlo.
L’aspetto
più significativo dell’operato della Cassazione sta proprio nell’aver
riconosciuto la natura incidentale della
verifica di legittimità costituzionale.
Per la
Cassazione non era condivisibile la tesi secondo la quale quanto previsto dalla
legge elettorale rientrasse esclusivamente nell’ampio potere discrezionale del legislatore. La tesi della totale
discrezionalità del legislatore, infatti, produrrebbe un vulnus gravissimo per l’ordinamento democratico poiché la legge
fondamentale per il funzionamento della democrazia sarebbe sottratta al
giudizio di costituzionalità.
La palla
passò alla Corte Costituzionale e una eventuale dichiarazione di
inammissibilità avrebbe comportato che la legge elettorale sarebbe stata
sottratta al giudizio di costituzionalità, tesi molto ardita da sostenere, non
solo per quanto affermato dalla Cassazione, ma anche perché la legge elettorale
è una legge costituzionalmente necessaria.
Possiamo
accettare che su una legge fondamentale per la formazione del Parlamento possa
gravare il dubbio d’incostituzionalità? Si può ritenere che la conformità alla
Costituzione si limiti al rispetto dei pochi requisiti richiesti? Età per
l’accesso alle cariche elettive, cittadinanza italiana, godimento dei diritti
politici? Certamente no.
La Corte
Costituzionale decidendo per l’ammissibilità del ricorso ci offriva due
possibili scenari: o il Porcellum era conforme alla Costituzione o non era conforme Costituzione.
Se il
Porcellum fosse stato ritenuto costituzionale, avrebbe significato che il
nostro regime è per costituzione una partitocrazia. Tutto rientrerebbe nel
potere discrezionale del legislatore. Come dire, parola di legislatore parola
di Re!
Se il
Porcellum fosse stato ritenuto non costituzionale, avrebbe significato che il
nostro regime è gravemente deficitario di garanzie e contrappesi,
tant’è da consentire non solo che ben tre parlamenti siano stati eletti sulla
base di una legge incostituzionale, ma addirittura che il Parlamento eletto nel
2013 con una legge nel 2014 dichiarata incostituzionale, proprio negli aspetti
che hanno determinato i rapporti di forza tra le forze politiche, potesse
restare in carica fino al 2018 e addirittura approvare una corposa riforma
costituzionale, respinta solo grazie al voto referendario, e a forza di voti di
fiducia ben due nuove leggi elettorali,
di cui una censurata dalla Corte senza nemmeno essere mai stata applicata. Una
situazione che ha consentito un’autentica macelleria dei principi della
rappresentanza parlamentare.
Oggi siamo ancora nella stessa situazione: l’ultimo Parlamento partorito dal Porcellum ha prodotto prima il famigerato Italicum e poi non contento il Rosatellum, che ripropone aspetti già censurati dalla Corte. Per questo, anche il Rosatellum è oggetto di ricorsi e ci auguriamo che qualche Tribunale accolga il ricorso affinché la legge elettorale vigente possa essere analizzata dal punto della legittimità costituzionale, dato che la valutazione politica è unanime: è una pessima legge che però gli interessi di parte non consentono di superare, esattamente come avvenne con il Porcellum.
ENTRA LA CORTE
Nella situazione italiana, in cui dal 1993 siamo in perenne viaggio verso una meta ignota e le leggi elettorali si confezionano in base agli interessi delle fazioni politiche di volta in volta al governo, ma sempre senza alcuna attenzione per il sistema istituzionale, se non in aperto conflitto con esso, e nella totale distrazione degli organi di garanzia, che non si comprende bene di cosa sarebbero garanti, è altissimo il rischio che la Corte assuma una decisione politica, non nel senso spregevole di sentenza di parte deliberatamente assunta contro un’altra parte, ma nel senso di avvertire il peso di una decisione in un contesto politico gracile in cui da anni i partiti si confrontano improduttivamente.
D’altra
parte, le sentenze della Suprema Corte sono inevitabilmente politiche, nel
senso che devono accertare la compatibilità di una legge con i principi
giuridici e pre-giuridici che la collettività ha posto alla base della propria
esistenza. E tutto ciò non è “apolitico”, come dimostra il lungo, difficoltoso
e incompleto cammino per attuare la Costituzione.
Non va in
ogni caso sottovalutato l’aspetto più critico dell’attività della Corte
Costituzionale, vale a dire il rapporto con il potere legislativo.
Decenni di
storia e di sentenze dimostrano la diffusa latitanza del Parlamento nei
confronti delle sentenze della Suprema Corte. Si pensi alla vicenda
radiotelevisiva su cui il Parlamento ha letteralmente fatto carta straccia
delle sentenze della Corte. Stessa sorte è toccata alla materia elettorale. Il
Parlamento ha, infatti, ignorato tutti i moniti sin dal 2008 rivolti dalla
Corte al legislatore sul Porcellum.
Con la
sentenza n. 15 del 2008, che riguardava l’ammissibilità di un referendum
abrogativo sulla legge elettorale, la Corte lanciò un primo monito al
legislatore segnalando “l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti
problematici di una legislazione che non subordina l’attribuzione del premio di
maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi”.
Sempre nel
2008 con la sentenza n. 16 si replicò con riferimento al premio di maggioranza
regionale previsto al Senato.
Il 12 aprile
2013, nel corso dell’incontro annuale con la stampa, il Presidente della corte
lamentò la difficoltà di dialogo “proprio con il soggetto che della corte
dovrebbe essere il naturale interlocutore, e cioè il legislatore”.
Con la
sentenza n. 1/2014 la Corte costituzionale censurò importanti previsioni della
legge elettorale, ma allo stesso tempo introdusse nel dibattito politico delle
mine vaganti che hanno reso tutto ancora più incerto e problematico.
Così, dopo
la bocciatura del Porcellum, il Parlamento ha prodotto la più incredibile legge
elettorale della storia italiana: l’Italicum, una legge elettorale che
trasformava la competizione per eleggere i rappresentanti politici del popolo
italiano in una competizione per decidere quale partito dovesse governare,
trasformando con certezza matematica una maggioranza relativa in una
maggioranza assoluta, pur rimanendo sulla carta il nostro sistema
costituzionale imperniato sul governo parlamentare.
L'Italicum fu approvato e promulgato a dispetto del fatto che la Corte costituzionale
avesse affermato che una alterazione della rappresentanza è accettabile solo
per favorire la stabilità di governo e maggioranze omogenee tra le due camere.
Presupposto indispensabile dell’Italicum, che riguardava la sola Camera dei
Deputati, era l’approvazione definitiva della revisione costituzionale
Boschi-Renzi, che ancora era in alto mare quando la legge elettorale fu
promulgata.
L’approvazione
e promulgazione di quella legge elettorale fu oggettivamente un autentico
azzardo istituzionale perché qualora la
riforma costituzionale non fosse stata confermata entro il primo luglio 2016,
ci saremmo ritrovati con due camere ancora direttamente elettive ma con sistemi
elettorali estremamente diversi: la Camera con premio di maggioranza al 55% dei
seggi e ballottaggio, qualora nessuna lista raggiungesse al primo turno il 40%
e il Senato con possibilità di formare coalizioni (proibite alla Camera) e
sistema proporzionale con preferenza e alte soglie di sbarramento, rendendo nei
fatti assurdo procedere con lo scioglimento delle camere. Un azzardo che
conferma quanto nel nostro sistema la vistosa carenza di contrappesi e garanzie
contribuisca a produrre l’affossamento della responsabilità della funzione
sotto il peso delle contingenze politiche. Avvenne così quando fu promulgato il
Porcellum, lo stesso copione si ripeté con l’Italicum e con il Rosatellum,
approvato nel 2017 con raffiche di voti di fiducia che non avevano ragione
istituzionale di esistere.
Ciò
premesso, non c’è alcun dubbio sul fatto che le sentenze della Corte
Costituzionale n. 1/2014 sul Porcellum e n. 35/2017 sull’Italicum hanno fissato dei paletti importanti, ma allo
stesso tempo non hanno risolto alcun problema, rendendo ancora più intricato il
dibattito politico che si trascina dall’inizio degli anni novanta del secolo
scorso.
Per
semplicità di comprensione, analizzeremo nei successivi articoli le sentenze
della Corte Costituzionale su Porcellum e Italicum in modo tematico per non
perderci nell’intreccio dei temi politici, istituzionali e giuridici.
LE COALIZIONI
Le
coalizioni rappresentano una “novità”, premiata e incentivata, nel nostro
sistema elettorale sin dal 1993 quando fu approvato il Mattarellum. La Corte
non si è mai espressa sulle coalizioni, limitandosi ad avvalorare la tesi
secondo cui le coalizioni contribuirebbero alla stabilità di governo.
Tesi affermata in modo apodittico, non supportata da argomentazioni e in ogni caso tesi che crolla alla verifica con la realtà, di cui tutti dovrebbero tener conto senza indulgere troppo con le astratte speculazioni.
Le coalizioni hanno solo la nascita della maggioranza, senza impedire che
altre maggioranze e altri governi potessero formarsi. Quindi, le coalizioni
producono con assoluta certezza l’alterazione dei rapporti di forza tra le
componenti politiche e della rappresentatività del Parlamento.
Nella
realtà, favorire la nascita di un governo non significa garantirne la stabilità
perché una maggioranza può frantumarsi provocando la nascita di nuove maggioranze
e nuovi governi, cosicché premiare le coalizioni garantisce solo l’alterazione
della rappresentatività del Parlamento.
Se per
instabilità di governo s’intende la caducità degli esecutivi, allora nessuno
può ignorare che l’Italia è caratterizzata da governi di coalizione in cui i
partiti elettoralmente minori hanno un potere sproporzionato e spesso sono
causa delle cadute dei governi, talvolta però i governi cadono o hanno vita
tormentata per il conflitto tra le correnti interne al partito di maggioranza
relativa. In questa situazione, non si risolve il problema dell’instabilità
favorendo la formazione di coalizioni prima del voto: i partiti faranno dopo il
voto ciò che hanno sempre fatto. E’ sul sistema costituzionale che bisogna
intervenire per superare il limite intrinseco dei governi di coalizione, dove
nulla conta se le coalizioni sono nate prima del voto o dopo.
Era
prevedibile che incentivare la formazione di coalizioni, avrebbe prodotto
coalizioni eterogenee per sottrarre all’avversario il privilegio di formare il
governo.
Nel 2014, quando la Corte ha valutato il Porcellum, era osservabile che le coalizioni erano sempre implose provocando ribaltoni e nuove maggioranze spesso nate con la formazione di nuove forze parlamentari mai votate dagli elettori.
Era
successo così con il primo governo
Berlusconi, quando la Lega uscì dalla maggioranza, successe la stessa cosa dopo
la caduta del primo governo Prodi e la nascita del governo D’Alema e poi ancora
con la fine del governo Prodi II e con la nascita del governo Monti nato
dall’implosione della coalizione che sosteneva il governo Berlusconi IV.
Tutto ciò
era noto alla Corte Costituzionale e i giudici dovrebbero tener conto della
realtà che le leggi contribuiscono a determinare.
Favorire le
coalizioni significa indurre i Partiti a presentarsi insieme solo per avere dei
vantaggi a spese di altri Partiti che decidono di correre da soli.
In cosa
consiste il valore positivo della coalizione se dopo il voto la coalizione non
esiste più ma esistono i singoli gruppi parlamentari?
Che fine fa
la volontà dell’elettore che ha votato una coalizione per dare forza a un
progetto politico, se poi il suo voto serve una causa diversa da quella
sostenuta dalla coalizione?
Nel sistema vigente, ad esempio, tutte le liste coalizzate che prendono più dell’1% ma meno del 3% ingrassano le altre liste della coalizione che hanno raggiunto il 3% e quindi concorrono alla ripartizione dei seggi.
Ciò comporta
che l’elettore che vota la lista A coalizzata con B e C potrebbe finire per far
ottenere più seggi a B e C qualora A non dovesse raggiungere il 3%, evento che
nelle elezioni del 2018 si è verificato con entrambe le coalizioni in pista.
Il voto diventa indiretto e diseguale.
Indiretto perché in realtà gli elettori non scelgono i propri rappresentanti (quindi voto non personale) ma danno ai partiti il potere di scegliere chi mandare in parlamento in base ai consensi ottenuti o trasmessi da altre liste.
Diseguale perché un partito coalizzato potrebbe avere più seggi di un altro
partito non coalizzato pur prendendo lo stesso numero di voti proprio perché
tutti i voti dati alle liste che prendono più dell’1% e meno del 3% sono
trasferiti alle liste di coalizione che raggiungono il 3%.
La Costituzione però prescrive che il voto deve essere eguale e diretto (articoli 48, 56 e 58).
LA SOGLIA DI SBARRAMENTO
La previsione di soglie di sbarramento “sono tipiche manifestazioni della discrezionalità del legislatore che intenda evitare la frammentazione della rappresentanza politica, e contribuire alla governabilità” (Corte cost. sentenza n. 193/2015).
Nella
sentenza n. 35/2017, leggiamo che per la Corte costituzionale “non è manifestamente irragionevole che il
legislatore, in considerazione del sistema
politico-partitico che intende disciplinare attraverso le regole
elettorali, ricorra contemporaneamente, nella sua discrezionalità, a entrambi
tali meccanismi. Del resto, se il premio
ha lo scopo di assicurare l’esistenza di una maggioranza, una ragionevole
soglia di sbarramento può a sua volta contribuire allo scopo di non ostacolarne
la formazione. Né è da trascurare che la
soglia può favorire la formazione di un’opposizione non eccessivamente
frammentata”.
Per la Corte
costituzionale la legge elettorale sottoposta al suo giudizio ha anche il
compito di disciplinare il “sistema
politico-partitico”. Non si comprende come dal momento che tanto il
Porcellum quanto l’Italicum e il vigente Rosatellum sono leggi elettorali finalizzate a determinare i
criteri per trasformare i voti in seggi, a stabilire le regole per la
presentazione dei simboli e delle liste dei candidati, il deposito dei
programmi … e quindi senza alcuna
possibilità di disciplinare il sistema dei partiti perché quelle leggi
elettorali non definiscono come devono essere selezionati i candidati, come si
approva un programma, come si decidono le alleanze, quali sono le funzioni dei
partiti …
Singolare
anche la preoccupazione di non frammentare l’opposizione, trascurando che con le soglie di sbarramento si ottiene il risultato di escludere forze politiche che non sono in sintonia con
i principali schieramenti e quindi si riduce il pluralismo.
Nelle
elezioni del 2008, le soglie tennero fuori dal parlamento tanto La Sinistra
Arcobaleno, quanto il Partito Socialista e la Destra Tricolore e altre liste
provocando una dispersione di voti validi pari a 3,5 milioni su un totale di
36,5 milioni di voti validi, quasi il 10%.
La crisi
delle due maggiori coalizioni, formatesi in occasione delle elezioni del 2006,
produsse frammentazione politica al punto che nel 2006 le due principali
coalizioni raccolsero il 99,5% dei voti validi e nel 2008 le prime due
coalizioni con la stessa legge elettorale si fermarono all’84%, con aumento
dell’astensione e della dispersione dei voti.
Le soglie di sbarramento costituiscono un incentivo alle
alleanze, ma contribuiscono anche
all’astensione, alla dispersione di voti e alla compressione del pluralismo mentre non servono a ridurre la
frammentazione politica, quando tra le forze politiche manca il dialogo e prevalgono gli elementi di differenziazione.
Non a caso, dal 1994, prime elezioni con sistema prevalentemente maggioritario, assistiamo all'esplosione delle sigle partitiche che affollano le schede elettorali e contemporaneamente cresce la dispersione di voti e l'astensionismo.
Nel 2013, ultime elezioni con sistema elettorale dotato di premio elettorale e soglie di sbarramento, avevamo una infinità di candidati premier e liste politiche con una quantità spaventosa di voti dispersi. La sola coalizione di centro-destra era composta da 8 liste di cui 5 rimaste sotto l'1%. Nella coalizione formatasi intorno a Monti, l'UDC non arrivò al 2% e Futuro e Libertà fermatasi allo 0,47% non ottenne alcun eletto. Stessa sorte per Rivoluzione Civile di Ingroia, Fare per fermare il declino di Giannino, il Partito comunista dei lavoratori di Ferrando ...
Come si può di fronte a questa realtà affermare che le soglie di sbarramento evitano la frammentazione della rappresentanza politica e contribuiscono alla governabilità?
Nel 2018, svoltesi con il vigente Rosatellum, 2,6 milioni di voti validi su circa 32,5 sono rimasti senza rappresentanza diretta, ingrassando le forze politiche ammesse alla ripartizione dei seggi. Dato non trascurabile se poi consideriamo che un altro 4,34% ha votato scheda bianca o nulla!
Se poi dedichiamo un po’ di attenzione al Senato, che la Costituzione (art. 57) vorrebbe eletto su base regionale, ci rendiamo conto che la soglia di sbarramento calcolata a livello nazionale rende impossibile che forze politiche forti a livello regionale possano avere una rappresentanza a livello nazionale. Una forza politica locale, potrebbe anche avere il 10% in una regione, ma se non rappresenta il 3% a livello nazionale, resta esclusa.
L’eventualità
indicata è tutt’altro che fantasiosa essendo esattamente quel che è
ripetutamente successo a forze politiche radicate in alcuni territori ma poco
rilevanti in ambito nazionale. Nel 1983 la Liga Veneta raccolse appena lo 0,29%
dei voti a livello nazionale ma ottenne un seggio al Senato in Veneto perché lì
rappresentava il 3,68% dei voti validi espressi. Nel 1992 la lista Per la
Calabria valeva a livello nazionale appena lo 0,43% ma in Calabria ottenne 2
senatori perché lì rappresentava il 15,21% dei voti validi e la terza forza
politica regionale. Oggi, con la normativa vigente, questa lista non
parteciperebbe alla ripartizione dei seggi senatoriali, escludendo così il 15%
dei votanti calabresi.
L’elezione
su base regionale del Senato ha la finalità di dare voce a forze politiche e
sociali rilevanti nei territori regionali. Si tratta di una componente
importante del pluralismo e dell’autonomismo non a caso valorizzato dall’art 5
della Costituzione laddove afferma “La
Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”.
Sarebbe
utile che tutti a qualsiasi livello considerassero la realtà dei fatti senza
abbandonarsi alle astrazioni speculative e aprioristiche che sfidano le leggi
della logica.