Il testo del ricorso contro il Rosatellum

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TRIBUNALE CIVILE DI TRIESTE

Ricorso ex art. 702 bis c.p.c.

per tutela di diritto costituzionale fondamentale

Ricorrono

I Signori


[Nomi, cognomi, dati anagrafici di 9 elettori ed elettrici del Comune di Trieste - omissis]


rappresentati e difesi nel presente giudizio dagli avv.ti Felice C. BESOSTRI del Foro di Milano e Giovanni Ventura del Foro di Trieste, presso il quale è eletto speciale domicilio per la ricezione di ogni atto, notifica e/o comunicazione relativi al presente giudizio, come da procura speciale rilasciata ex art. 83 c.p.c. ed allegata alla busta di deposito del presente atto, i quali dichiarano di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria agli indirizzi di PEC [omissis] e o al numero di fax [omissis],

ricorrenti

CONTRO

Presidente del Consiglio dei Ministri in carica a capo della Presidenza del Consiglio e pro tempore quale contro firmatario ex art. 89.2 Cost. degli atti aventi valore di legge, e con domicilio ex lege presso l’Avvocatura dello Stato di Trieste in sede Distrettuale, ads.XX@mailcert.avvocaturastato.it   

resistente

CHIEDONO

che l'Ill.mo Tribunale adito, in composizione monocratica voglia, ai sensi dell'art.702 bis, comma 3, cpc, fissare con decreto l'udienza di comparizione delle parti assegnando al convenuto un termine per la sua costituzione ed invitano i convenuti a costituirsi nel predetto termine ai sensi e nelle forme stabilite dall'art.702 bis, comma 3, cpc ed a comparire all'udienza che sarà fissata avanti il Giudice designato, con l'avvertenza che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 702 bis, commi 4 e 5, cpc,

per l’accertamento

del loro diritto di votare conformemente alla Costituzione vigente, diritto leso, limitato e/o compromesso da specifiche norme della l. 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali), della l. 27 maggio 2019, n. 51 (Disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari) e del d.lgs. 23 dicembre 2020, n. 177 (Determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, a norma dell'articolo 3 della legge 27 maggio 2019, n. 51). Ciò anche nelle parti in cui le richiamate norme hanno sostituito e/o modificato norme del DPR 30 marzo 1957, n. 361 e del T.U. per l’elezione del Senato della Repubblica (d.lgs. 20 dicembre 1993 n. 533, così come modificato dalla l. 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei Deputati). Norme tutte non annullate o non incise, rispettivamente, dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 1/2014 e 35/2017, nonché dalla l. cost. 19 ottobre 2020, n. 1 (Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari) limitatamente alla parte in cui, modificando l’art. 57 c.3 Cost., assegna un numero minimo di senatori, pari a 3 (tre) anche alle Province autonome della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol.

La declaratoria di illegittimità costituzionale qui richiesta persegue lo scopo di ristabilire la pienezza del diritto di voto del ricorrente e quindi di tutelarlo a fronte della lesione di tale diritto nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore delle richiamate norme, nel caso in cui fossero dichiarate incostituzionali, e fino alla data della pubblicazione della eventuale decisione della Corte Costituzionale e della conseguente ordinanza di remissione ex art. 23 legge n. 87/1953), per sentire accogliere le seguenti


CONCLUSIONI


Voglia il Tribunale adito, Sezioni Civili, in composizione monocratica, contrariis rejectis, ritenuta la sommarietà della cognizione della causa, in accoglimento del ricorso disporre:

- in via preliminare:

- rimettere alla Corte Costituzionale le questioni che con il presente atto vengono dedotte in giudizio, considerata la loro rilevanza e non manifesta infondatezza, qui di seguito elencate oltre che quelle emergenti dal testo del ricorso, con specifico riferimento:

A1) alla violazione degli artt. 48.2, 51.1, 56 e 58 Cost., relativi al voto libero e personale e diretto, da parte delle norme ex art.59 bis c. 3 dpr n. 361/1957 (come sostituito dall’art. 1 c. 21 l.n. 165/2017 per la Camera) e dall’art. 14 c.3 d.lgs. n. 533/1993 (come sostituito dall’art. 2 c. 5 l.n. 165/2017), nella parte in cui prevede la sanzione della nullità del voto disgiunto tra candidato uninominale e lista plurinominale non collegata,;

A2) alla violazione degli artt. 3, 48.2, 51.1, 56 e 58 Cost. relativo al voto uguale, libero, personale e diretto da parte delle norme ex art. 58 c. 2 dpr n. 361/1957 (come sostituito e modificato dal comma 19 lett. c) dell’art. 1 della legge 165/2017) nella parte in cui dopo aver sostituito il 2° comma inserisce il seguente: «Nei casi in cui il segno sia tracciato solo sul nome del candidato nel collegio uninominale, i voti sono validi a favore della lista e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio uninominale. Nel caso di più liste collegate in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale» in toto o in subordine solo il secondo periodo;

A3) alla violazione degli artt. 3, 48.2, 51.1, 56 e 58 Cost. relativo al voto uguale, libero, personale e diretto da parte delle norme ex art. 14 c. 2 e 3 d.lgs. n. 533/1993 (come sostituito dall’art. 2 c. 5 l.n. 165/2017 limitatamente al secondo periodo del c. 2 nella parte in cui stabilisce: “Nel caso di più liste collegate in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominalee nel c. 3 limitatamente alla parte in cui richiamando l’art. 59-bis dpr n. 361/1957 ne recepisce il c.2, che prevede” 2. Se l'elettore traccia un segno sul contrassegno e un altro segno sulla lista di candidati nel collegio plurinominale della lista medesima, il voto è considerato valido a favore della lista e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio uninominale.” limitatamente alle parole “e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio uninominale;

B1) alla violazione degli artt. 3, 48, 51 e 67 Cost. da parte dell’art. 18 bis c. 2 DPR n. 361/1957, nella parte in cui esenta dalla raccolta delle firme per la presentazione dei candidati o liste di candidati, i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi;

B2) alla violazione degli artt. 3, 48, 51e 67 Cost. da parte dell’art. 9 c. 2 d.lgs n. 533/1993 (come sostituito dall’art. 2 c. 3 lett. a) l.n. 165/2017 limitatamente alla parte in cui richiamando l’art. 18 bis dpr n. 361/1957, ne applica il c. 2, esentando quindi dalla raccolta delle firme per la presentazione dei candidati o liste di candidati, i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi;

C1) alla violazione degli artt. 3, 6, 48 e 51.1 Cost., da parte delle norme ex artt. 83 c. 1 lett. e) nn. 1) e 2) e lett. g) dpr n. 361/1957 (come sostituito dall’art. 1 c. 26 della legge n. 165/2017), nella parte in cui esenta dalla soglia del 3% unicamente “una lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nella regione medesima o i cui candidati siano stati proclamati eletti in almeno due collegi uninominali della circoscrizione ai sensi dell'articolo 77”come modificata dall’art. 1 c. 1 lett. b) n.1) l. n.51/2019 in «un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione ai sensi dell'articolo 77, con arrotondamento all’unità superiore» e non anche le liste sotto la soglia nazionale del 3 per cento e quelle rappresentative di minoranze linguistiche in circoscrizioni di regioni a statuto ordinario, che abbiano la stessa soglia in una circoscrizione regionale o i cui candidati siano stati eletti nello stesso numero di collegi uninominali;

C2) alla violazione degli artt. 3, 6, 48, 51.1 e 57 Cost. da parte dell’art. 16 bis c. 1 d.lgs n. 533/1993 come introdotto dall’art. 2, comma 7, L. 3 novembre 2017, n. 165, che ha sostituito l’articolo 16 con gli articoli 16 e 16-bis, attualmente vigenti limitatamente alla lett. c), nella parte in cui conteggia a favore delle coalizioni i voti delle liste collegate pari o superiori al 1% dei voti validi e nella parte in cui stabilisce, nel secondo periodo che “Non concorrono alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione i voti espressi a favore delle liste collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale un numero di voti validi inferiore all'1 per cento del totale, tranne il caso in cui tali liste abbiano conseguito almeno in una regione un numero di voti validi pari almeno al 20 per cento dei voti validi espressi nella regione medesima ovvero, per le liste collegate rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, i cui candidati siano stati proclamati eletti in almeno un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16, con arrotondamento all'unità superiore1 , poiché tale norma di favore non si applica alle liste non coalizzate che non abbiano raggiunto la soglia nazionale del 3%, ex art. 16 bis, c. 1, lett. c) e e), nn.

1) e 2) d.lgs. n. 533/1993. Tale soglia viola comunque l’art. 57 c. 1 Cost. sull’elezione del Senato “a base regionale”, ma in una regione abbiano eletto almeno 2 candidati uninominali e alle liste rappresentative di minoranze linguistiche presentate in regioni a statuto ordinario o speciale che abbiano raggiunto in una circoscrizione regionale la percentuale del 20% ovvero eletto 2 candidati uninominali, per avere una parità di trattamento regionale nel rispetto dell’art. 3 Cost.2.

D1) alla violazione degli artt. 3, 48, 51 e 58 Cost. da parte delle norme di cui all’art. 16 c. 1, lett. c) del d.lgs. n. 533/1993 (come sostituto dall’art. 2 c. 7 cpv. «Art. 16 legge n. 165/2017) - nella parte in cui attribuisce alle liste plurinominali coalizzate, in assenza di specifica indicazione dell’elettore, il voto di coloro che abbiano votato unicamente il candidato uninominale, nonché della sua applicazione alle successive lettere d), e)e f)

D2) alla violazione degli artt. 3, 48.2, 56 e 58 Cost. relativo al voto uguale, libero, personale e diretto da parte delle norme ex art. 59-bis c. 2 dpr n. 361/1957 (come modificato dall’art. 1 c. 21 lett. a) della legge n.165/2017), in relazione agli artt. 77 c. 1 lettere a) e c) dpr 361/1957 e 83 dpr 361/1957 come rispettivamente modificati dal comma 25 lettere c), d), e) e f) e da comma 26 lett. a), b), c) e d) dell’art. 1 della legge n. 165/2017, per evitare che “la cifra elettorale individuale del candidato uninominale (lett.a) e sia comprensiva dei voti dati soltanto alla lista o liste collegate e per evitare che “la cifra elettorale di collegio uninominale di ciascuna lista” (lett.c) sia comprensiva dei voti dati ai soli candidati dei collegi uninominali maggioritari.

E) alla violazione degli artt. 3, 48 e 51 Cost. da parte dell’art. 16-bis comma 1 lett.) c) e e) nn. 1) e 2) del d.lgs. n. 533/1993 (come sostituto dall’art. 2 c. 7 della legge n. 165/2017) nella parte in cui conteggia esclusivamente per le coalizioni i voti di liste con almeno l’1%, ma inferiori al 3 % dei voti validi;

F) alla violazione degli artt. 3, 48, 51, 57 e 58 Cost., da parte della legge n. 51/2019 nella parte in cui detta criteri irragionevolmente diversi per Camera e Senato per l’arrotondamento del rapporto dei i seggi da attribuire in collegi uninominali maggioritari per 3/8 e proporzionali per 5/8 e precisamente per la Camera (art.l c. 1 lett. a) n.1) e per il Senato (art. 2 c. 1 lett.a) e in ogni caso non prevedendo lo scorporo dei voti ottenuti dai candidati proclamati eletti nei collegi uninominali maggioritari dalla lista e/o coalizione cui erano collegati3.

- Nel merito:

- accertare e dichiarare da parte del Giudice a quo il diritto dell’elettore ricorrente, residente in Comune appartenente al Distretto di Corte d'Appello di Torino, di esercitare in modo conforme ai parametri costituzionali, per le Elezioni Politiche del Parlamento italiano, il proprio diritto di voto libero, eguale, personale, diretto ed eventualmente di candidarsi4, così come attribuito nel suo esercizio e nella sua efficacia dalla Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 1, 2, 3, 48, 51, 56, 57, 58, 59), dai fondamentali diritti civili e politici riconosciuti anche dalla CEDU (prot. 1 art. 3), da quello comunitario (Trattato di Lisbona e relativa Carta dei Diritti Fondamentali UE), anche alla luce dei principi affermati con la Sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale e n. 8878/2014 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione.

G) Accertare e dichiarare di conseguenza che il detto diritto di voto libero uguale personale e diretto risulta leso dalle norme di cui si chiede la previa remissione in via incidentale e pregiudiziale alla Corte Costituzionale.

H) Spese compensate in relazione ai principi ex sentenza n.77/2018 della Corte Costituzionale, stante che il presente atto di ricorso è motivato dalla necessità di accertare se sia o meno leso – dalla legge elettorale vigente e norme collegate - un diritto costituzionale fondamentale in capo al ricorrente quale cittadino elettore.

*** *** ***

Premesso che

L’elettorato, sia attivo, sia passivo, com’è noto, costituisce il principale strumento per l’esercizio di tutti gli altri diritti fondamentali e/o inviolabili, trovando fondamento, nella Carta costituzionale, agli artt. 1 (sovranità del popolo), 2 (garanzia diritti inviolabili dell’uomo), 3 (uguaglianza) 48 (libertà e uguaglianza di voto), 49 (diritto di associarsi a partiti) 51 (uguaglianza nell’accesso a cariche pubbliche elettive), 56 e 58 (suffragio universale e diretto dei candidati al Parlamento), 67 (libertà di mandato degli eletti).

La stessa Corte costituzionale, del resto, ha, in materia, affermato alcuni principi fondamentali (da ultimo, con specifico riferimento ai sistemi elettorali politici, nelle sentt. nn. 1/2014 e 35/2017), sintetizzabili come segue:

A) la discrezionalità legislativa nello scegliere il sistema elettorale non è comunque esente “... da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità, quando risulti manifestamente irragionevole” (cfr. Corte cost., sent. n.1/2014);

B) detto sindacato, condotto alla stregua del canone della “ragionevolezza”, deve essere effettuato anche in vista del necessario bilanciamento con i sacrifici imposti ad altri diritti costituzionalmente rilevanti. L’opzione, ad esempio, di un modello elettorale maggioritario non può in alcun modo “sacrificare eccessivamente”, cioè “irragionevolmente” la “...compressione della funzione rappresentativa dell'assemblea, nonché dell'uguale diritto di voto”, sì da produrre “un'alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l'intera architettura dell'ordinamento costituzionale vigente” (cfr. Corte cost., sent. n.1/2014). Se così si operasse, questo l'esito del ragionamento della Corte, si violerebbero i parametri costituzionali di cui agli artt. 1, c.2, 3, 48, c.2, 56, 67 Cost.;

C) una norma elettorale che impedisca all'elettore “...ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta rimessa... totalmente ai partiti”, si pone in aperta contraddizione col “...principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all'art.48 Cost.” (cfr. Corte cost., sent. n.1/2014);

D) liste di candidati bloccate sono costituzionalmente illegittime perché un Partito non lede alcun diritto decidendo autonomamente l’ordine dei candidati in lista solo nel caso in cui l’elettore sia “libero e garantito nella sua manifestazione di volontà sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza” (Sentenza Corte Cost. n. 203/1975 richiamata in Sentenza n. 1/2014). Se non esiste questa libertà di scelta tra i candidati, allora i partiti “coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che rappresenta una delle principali espressioni della sovranità popolare” (Corte cost. sentenza n. 1/2014 in cui in conclusione la Corte reintroduce la preferenza).

E) il principio secondo cui “ben può il legislatore innestare un premio di maggioranza in un sistema elettorale ispirato al criterio del riparto proporzionale dei seggi, purché tale meccanismo premiale non sia foriero di una eccessiva sovra rappresentazione della lista di maggioranza relativa” (Corte cost., sent. n. 35/2017).

Con riguardo più specificamente ai profili processuali, la Corte costituzionale ha, inoltre, chiarito che:

F) l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., nel caso delle leggi elettorali politiche, è ragionevolmente individuabile anche qualora le norme oggetto di censura, già in vigore, non abbiano ancora trovato applicazione in quanto “...regolano il diritto di voto e l'incertezza riguarda la portata di quest'ultimo, col corollario di potenzialità lesiva già attuale, sebbene destinata a manifestarsi in futuro, in coincidenza con la sua sicura applicabilità ( a decorrere dal 1° luglio 2016)” (Corte cost., sent. n.35/2017).

G) i caratteri di pregiudizialità e incidentalità vanno ritenuti senz'altro sussistenti in quanto “il giudizio spettante al Giudice a quo e il controllo demandato a questa Corte non risultavano sovrapponibili, essendo possibile individuare una differenza tra l'oggetto del primo (accertamento della pienezza del voto) e oggetto del secondo (la legge elettorale politica la cui conformità e Costituzione è posta in dubbio), residuando un margine di autonoma decisione in capo al Giudice a quo dopo l'eventuale sentenza di accoglimento di questa Corte” (Corte cost., sent. n. 35/2017).

H) L’accertamento di un diritto costituzionale fondamentale deve avvenire prima della sua applicazione, perché dopo la proclamazione l’accertamento della violazione del diritto di candidati illecitamente esclusi, spetta ex art.66 Cost. alle Camere di appartenenza, da parte di soggetti in conflitto di interesse e, quindi non in grado di rispettare gli artt. 6 e 13 della C.E.D.U. (argomentando ex Corte cost., sent. n. 48/2021 nonché sent. n. 259/2009);

I) “Il tenore dell’art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un’assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione” e, ancora, “Spetta naturalmente alla giurisprudenza comune tenere in conto questa interpretazione, quanto alla conseguente lettura delle disposizioni di legge ordinaria che con l’art. 66 Cost. fanno sistema, e fra queste, soprattutto, dell’art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957” (Corte cost., sent. n. 48/2021).

*****

Tutto quanto premesso, gli ora rapidamente richiamati principi enunciati dalla Corte costituzionale sono da ritenersi parti integranti della motivazione in diritto del presente ricorso, in quanto volti a porre in luce la non manifesta infondatezza e la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale delle norme della l. n. 165/2017 e della successiva l. n. 51/2019 censurate con il presente ricorso per le ragioni che seguono.

I.

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale del meccanismo del voto congiunto obbligatorio di cui agli artt. 59-bis del Dpr n. 361/1957 e 14 del Dlgs n.533/1993 (come riformulati dalla legge n.165/2017) per il contrasto con gli artt. 3, 48, 56 e 57 Cost.

La legge n. 165/2017 prevede, com’è noto, un sistema elettorale misto con una parte uninominale maggioritaria e “altri seggi” che “sono assegnati nei collegi plurinominali” e che “sono attribuiti, con metodo proporzionale (…)”.

La Legge in questione fa precedere la normativa elettorale dall’enfatica affermazione che il voto è “diretto ed eguale, libero e segreto” per la Camera (art.1, comma 1) e che è “diretto, libero e segreto” (ma stranamente non eguale) per il Senato (art. 2 comma 2); ma poi contraddice clamorosamente questi principi nella successiva specifica normativa destinata a regolare gli effetti del voto.

In realtà, il voto è tutt’altro che “diretto, eguale e libero”, giacché, anche se l’Elettore si limita a votare il solo candidato uninominale, il suo voto va obbligatoriamente alla relativa lista (o coalizione) plurinominale, con la conseguente automatica attribuzione del suo voto a candidati che magari non ha intenzione di votare e che potrebbero addirittura risultargli non graditi.

Non basta: se un elettore gradisce l’ordine stabilito a priori (dai Partiti) dei candidati nei collegi plurinominali e, pertanto, intende votare solo questo, tale scelta gli è impedita perché il suo voto si trasferisce automaticamente al candidato scelto per il collegio uninominale.

Tale meccanismo è assolutamente estraneo alla volontà dell’elettore ed il suo voto cessa di essere “personale e libero” come prescritto dagli artt. 48, comma 2, 56 comma 1 e 58, comma 1 Costituzione, e “diretto e libero”, come retoricamente fissato nell’incipit della nuova normativa.

Gli effetti perversi di questo meccanismo assumono caratteristiche paradossali nel caso in cui il Candidato uninominale sia (come consentito) collegato con una pluralità di liste.

In questo caso, infatti, il voto dato al solo candidato uninominale si trasferisce pro quota alle liste collegate, in proporzione alla quantità dei voti che ciascuna di tali liste ha di per sé già ottenuto; di conseguenza, la misura in cui il voto uninominale incrementa le liste collegate dipende dal voto di elettori di altre liste, con le quali è lecito ipotizzare che l’elettore possa non avere alcuna affinità politica in violazione del voto diretto, mentre il voto per le liste collegate può essere trasferito a un candidato uninominale perché congiuntamente designato.

In siffatta situazione il voto del cittadino diviene non solo “indiretto” ma addirittura “eterodiretto”, e quindi cessa di essere “personale” (art. 48 Cost.) perché la destinazione ulteriore del voto non viene decisa dal votante, ma da altri elettori che decidono verso dove ed in che misura, quel voto verrà effettivamente indirizzato.

Per effetto di quanto su scritto si verificano ulteriori conseguenze quali

1) il trasferimento del voto da un territorio all’altro;

2) addirittura, cosa di una gravità inaudita, il trasferimento del voto da una coalizione all’altra (come accaduto in Sicilia).

E ancora: la Legge n. 165/2017 consente, sia per la Camera, sia per il Senato, che il voto espresso in favore di una lista nel Collegio plurinominale di appartenenza, può essere computato in un altro Collegio plurinominale o persino in altra Circoscrizione, in favore di una lista col medesimo contrassegno o addirittura a favore di una lista coalizzata: ciò avviene in tutti i casi in cui la lista prescelta abbia esaurito i candidati eleggibili.

È di tutta evidenza che tale sviamento del voto impedisce all’elettore di conoscere il candidato cui andrà il suo voto, posto che il voto dell’elettore verrà “trascinato” a favore di una lista della sua circoscrizione ed ulteriormente potrà andare a favorire candidati di un collegio o di una circoscrizione del o della quale l’elettore non ha conoscenza, poiché non figurano sulla scheda con la quale il voto è stato espresso.

La causa di ciò sta nella circostanza che il Legislatore ha introdotto con la L. 165/2017 l’irragionevole prescrizione secondo la quale il numero dei candidati di ciascuna lista in ogni collegio plurinominale “non può essere inferiore alla metà, con arrotondamento all’unità superiore dei seggi assegnati al collegio”, e, “in ogni caso …non può essere inferiore a due né superiore a quattro”, ciò anche nel caso in cui il numero di candidati eleggibili in ciascun collegio plurinominale sia maggiore.

Questo ha portato ad una vera e propria dirimente alterazione delle norme democratiche in tema elettorale: un esempio pratico è avvenuto in Sicilia dove la lista del Movimento 5 Stelle ha presentato e conquistato tutti i nove collegi uninominali e conseguito il diritto di ottenere otto dei sedici seggi plurinominali, che non ha potuto coprire per insufficienza di candidati (cfr. sul punto, in dottrina, Podetta M., Il c.d. Rosatellum-bis: liste artatamente corte ed esaurimento di candidati, in Osservatorio Costituzionale, fasc. 2/2018, giugno 2018, sub n.2).

In tale occasione si è registrata una gravissima violazione dei diritti costituzionali, poiché, non potendo l’Ufficio Centrale Regionale trasferire il seggio ad altra regione, il seggio al Senato è rimasto vacante mentre alla Camera dei Deputati è stato assegnato a candidato di altro Partito, non collegato ma opposto al Movimento 5 stelle, iscritto al Partito Democratico. Risulta evidente che in siffatto sistema elettorale il voto cessa di essere “personale, eguale e libero” come prescritto dagli artt. 48, comma 2, e 56, comma 1, Cost. e “diretto, eguale e libero”.

Sussiste anche la violazione dell’art. 3, comma 2, Cost., posto che spetta alla Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e che impediscono la loro effettiva partecipazione all’organizzazione politica del Paese; nel caso di specie la legge elettorale anziché disciplinare il diritto al voto, di fatto lo limita. Ma le anomalie non finiscono qui.

I-BIS

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale delle coalizioni di partiti senza “capo politico unico” e/o programma unitario di cui all’art. 14-bis del dpr n. 361/1957 (così come modificato dall’art. 1, comma 7, della l. n. 165/2017) per contrasto con gli artt. 3 e 48 Cost.

Occorre ancora rilevare che con le modifiche all'art. 14 bis del dpr n. 361/1957 recate dall’art. 1, comma 7, della l. n. 165/2017, possono essere presentate coalizioni tra liste di partiti senza che le stesse abbiano né un capo politico unico, né un programma in comune.

In caso di coalizione di liste regolate dall'art. 14 bis dpr n. 361/1957, come modificato dalla legge elettorale n. 270/2005, poteva essere legittima la presunzione che il voto per candidato uninominale si conteggiasse per la coalizione e viceversa, perché la coalizione doveva avere un programma comune e un capo politico unico. Non essendoci più questo obbligo è irragionevole la disparità di trattamento sopra evidenziata, che viola l'art. 3 oltre che l'art. 48 Cost.

I TER

Quanto alla violazione degli artt. 48.2, 56 e 58 Cost., relativi al voto libero e personale e diretto, da parte delle norme che prevedono il divieto di esprimere una preferenza tra i candidati della lista plurinominale prescelta dall’elettore.

E’ costituzionalmente illegittima ogni norma elettorale che impedisca all'elettore “... ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta rimessa ... totalmente ai partiti” (cfr. Sentenza n.1/2014 Cost). La stessa Corte dà atto di questa conseguenza quando afferma che una tale scelta è in aperta contraddizione col “... principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all'art.48 Cost. (cfr. sentenza cit.) perché gli eletti sarebbero determinati esclusivamente dall’ordine di presentazione dei candidati all’interno della lista. A tal proposito la Corte costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha richiamato la propria sentenza n. 203/1975 ammonendo “che la circostanza che il legislatore abbia lasciato ai partiti il compito di indicare l’ordine di presentazione delle candidature non lede in alcun modo la libertà di voto del cittadino: a condizione che quest’ultimo sia «pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza» (sentenza n. 203 del 1975)”.

La contrarietà alla Costituzione del meccanismo delle liste bloccate è palese ed è stata statuita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014 che ha ripristinato la preferenza.

Evidente che la libertà di scelta cui la Corte fa riferimento è negata qualora l’elettore non possa esercitare alcuna scelta o addirittura il suo voto assumesse valenze estranee alla volontà dell’elettore, per effetto del già menzionato meccanismo del trasferimento.

La Corte, nella sentenza n. 1/2014, ha aggiunto che le norme censurate “rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi” (Cfr. Corte Cost. N. 1/2014, considerato in diritto, sub. par. 5.1).

Evidente che la Corte prende a riferimento un sistema in cui il voto esaurisce i suoi effetti nella circoscrizione di dimensioni ridotte e quindi i voti espressi nella piccola circoscrizione concorrono a eleggere esclusivamente candidati circoscrizionali.

Affinché il voto esaurisca i suoi effetti nella circoscrizione, e quindi concorra esclusivamente alla elezione dei candidati circoscrizionali, occorre che la soglia elettorale sia circoscrizionale, i resti siano utilizzati in ambito circoscrizionale, nessun voto possa sortire alcun effetto al di fuori dalla circoscrizione.

Appare pertanto illogico ridurre tutto l’ampio e argomentato ragionamento della Corte al solo numero di candidati, perché questo requisito non è sufficiente a garantire che il voto espresso concorra a eleggere i soli candidati presenti nella lista, vanificando il valore della conoscenza dei candidati. Nel nostro sistema elettorale ogni voto esplica effetti a livello nazionale sia al fine di individuare le liste ammesse alla ripartizione dei seggi sia per determinare gli eletti che sono individuati all’interno di una classifica nazionale. Ne consegue che l’elettore dovrebbe conoscere tutti i candidati d’Italia. La conoscibilità dei candidati, favorita indubbiamente dalle liste composte da pochi candidati, non ha alcun valore reale se l’elettore non può scegliere tra quei pochi candidati, giacché conoscere non significa apprezzare e il voto non esaurisce i suoi effetti nel collegio in cui il voto è espresso, rendendo così possibile che quel voto consenta l’elezione di altri candidati in altre liste del tutto sconosciute all’elettore.

Come riconosciuto anche dalla sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale, le liste bloccate nella situazione data comportano che i Partiti si sostituiscono agli elettori nella scelta di coloro che dovrebbero rappresentare il popolo sovrano, in aperto contrasto con quanto previsto dall’art. 48 Cost.

II.

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale delle esenzioni relative alla raccolta di sottoscrizioni per la presentazione delle liste ai sensi dell'art. 18-bis del dpr n. 361/1957 e dell'art. 9 del d.lgs. 533/1993 (come modificati, rispettivamente, dall’art.1 c. 21 e dall’art. 2 c. 3 l. n. 165/2017) per contrasto con gli artt. 3, 48 e 51 Cost.

L'art. 18 bis del dpr n. 361/1957 e l'art. 9 del d.lgs. 533/1993, come modificati, rispettivamente, dall’art.1 c. 21 e dall’art. 2 c. 3 l. n. 165/2017, prevedono esenzioni dalla raccolta di firme per la presentazione di liste che favoriscono soltanto le formazioni già presenti nelle Camere uscenti a svantaggio di nuove formazioni, in violazione di quanto sancito ai sensi degli artt. 3, 48 e 51 Cost., oltreché, a livello europeo unitario, dei principi fissati dalla stessa Corte di Giustizia in una importante pronuncia (sent. 23 aprile 1986 nella causa 294/83, Parti écologiste «Les Verts» vs Parlamento Europeo), nella quale si è avuto l’occasione di chiarire che alle formazioni che fanno parte del Parlamento europeo non possono attribuirsi vantaggi in vista di elezioni che impediscano o, comunque, ostacolino la partecipazione competitiva di nuovi soggetti. Principio, quest’ultimo, che è applicabile ad ogni ordinamento democratico rappresentativo (cfr. Preambolo e art. 2 TUE).

III.

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale della disparità di trattamento tra liste e coalizioni nell’accesso al riparto dei seggi proporzionali di cui all’art. 83, comma 1, lett. c) del dpr n. 361/1957 (così come modificato dall’art. 1, comma 26, della l. n. 165/2017), e dell’art. 16 bis c. 1 lett. c) del d.lgs. n. 533/1993 (come inserito dall’art. 2 c. 7 l. n. 165/2017 e modificato dall’art. 2 c.1 lett. b) della legge n. 51/2019) per contrasto con gli artt. 3, 48 e 51 Cost.

L’art. 83 c. 1 lett. c) (come sostituito dall’art. 1 c. 26 l.n. 165/2017) prevede che l’Ufficio centrale nazionale “determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali nazionali delle liste collegate in coalizione. Non concorrono alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione i voti espressi a favore delle liste collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale un numero di voti validi inferiore all'1 per cento del totale”.

La legge n. 165/2017 all’art. 1 comma 26 lettera g) prescrive che l’Ufficio Centrale “procede, per ciascuna coalizione di liste, al riparto dei seggi fra le liste collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 3 per cento dei voti validi espressi”.

Alla lettera f) del medesimo comma 26 è previsto che l’Ufficio Centraleprocede al riparto di 617 seggi; a tale fine, detrae i 231 seggi già attribuiti ai candidati proclamati eletti nei collegi uninominali ai sensi dell'articolo 77, comma 1, lettera b), e procede al riparto dei restanti seggi tra le coalizioni di liste e le singole liste di cui alla lettera e) del presente comma in base alla cifra elettorale nazionale di ciascuna di esse”).

Ne consegue che i seggi spettanti alla coalizione sono determinati calcolando la cifra elettorale di coalizione a cui concorrono tutte le liste che hanno raggiunto o superato l’1% a patto che almeno una abbia superato il 3% e tutte insieme abbiano superato il 10%.

Se immaginiamo una coalizione composta da A-B-C-D-E dove A ha il 4%, B ha il 2,5%, C ha il 2,5%, D ha l’1,5% e infine E ha lo 0,9%, avremmo che la coalizione totalizza il 10,5% (perché E non entra nel conteggio) e avrà quindi ottenuto il 10,5% dei seggi proporzionali che saranno tutti assegnati alla lista A essendo l’unica che ha superato il 3%.

In definitiva, le liste coalizzate che non raggiungono il 3% ma raggiungono l’1% fanno ottenere più seggi alle altre liste di coalizione che hanno raggiunto il 3%. Situazione che si è puntualmente verificata alle elezioni nazionali del 2018: la lista “Noi con l’Italia – UDC” avendo ottenuto solo l’1,3% dei consensi non ha ottenuto seggi nel proporzionale, ma ha fatto ottenere più seggi alle altre liste che facevano parte della stessa coalizione; la lista “+Europa” avendo totalizzato il 2,56% dei consensi non ha ottenuto seggi nel proporzionale ma ha fatto ottenere più seggi al PD con cui era in coalizione.

L’effetto di tali norme è che l’elettore vota una forza politica ma il suo voto può essere trasferito ad altra forza politica di coalizione sebbene la legge non preveda che la coalizione abbia un unico programma politico e un comune capo politico.

Dette previsioni di legge costituiscono, all’evidenza, un vantaggio ingiustificato per le coalizioni per il riparto dei seggi proporzionali, in palese violazione degli artt. 3, 48 e 51 Cost., perché la misura pone in una situazione di irragionevole svantaggio le liste non coalizzate, sebbene la coalizione non comporti alcun vincolo e quindi ogni forma premiale è nei fatti irragionevolmente distorsiva della volontà degli elettori.

Tale irragionevole discriminazione si accentua per l’elezione dei candidati membri al Senato della Repubblica con le previsioni di cui all’art.16 bis c. 1 lett. c) del d.lgs. n. 533/1993 - come inserito dall’art. 2 c. 7 l.n. 165/2017 e modificato dall’art. 2 c.1 lett. b) della legge n. 51/2019, -laddove si prevede che l’ufficio elettorale centrale nazionale “determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali nazionali delle liste collegate tra loro in coalizione. Non concorrono alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione i voti espressi a favore delle liste collegate che abbiano conseguito sul piano nazionale un numero di voti validi inferiore all'1 per cento del totale, tranne il caso in cui tali liste abbiano conseguito almeno in una regione un numero di voti validi pari almeno al 20 per cento dei voti validi espressi nella regione medesima ovvero, per le liste collegate rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, presentate esclusivamente in una regione ad autonomia speciale il cui statuto o le relative norme di attuazione prevedano una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, i cui candidati siano stati proclamati eletti in almeno due collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16”, ovvero in seguito alle modifiche apportate all’art. 16 bis dall’art. 2 c. 1 lett. b) legge n. 51/2019 in «un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16, con arrotondamento all’unità superiore»;.

Questo trattamento differenziato si pone, infatti, in evidente contrasto con gli artt. 3, 48 e 51 Cost. perché le coalizioni non hanno alcun programma comune e, ai sensi dell’art. 57.1 Cost., con l’elezione a base regionale, non sono consentite differenze di trattamento a favore di liste in coalizione o rappresentative di minoranze linguistiche a danno di liste inferiori al 3% nazionale che raggiungano le stesse percentuali regionali di voto ovvero conquistano 2 seggi uninominali ovvero, ex art. 2 legge n. 51/2019, in «un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16, con arrotondamento all’unità superiore»; Anche a tale fine si evidenzia l’illegittimità del voto congiunto obbligatorio a pena di nullità.

IV.

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale della disproporzionalità derivante dall'applicazione del voto congiunto obbligatorio in ordine al rapporto tra “i voti "in entrata" e i seggi "in uscita per contrasto con gli artt. 3 e 48 Cost.

Col voto congiunto obbligatorio a pena di nullità, tutte le candidature, al di là di quanto possa a prima vista apparire, sono bloccate, realizzandosi un'alterazione del rapporto tra i voti "in entrata" e i seggi "in uscita", censurato al par. 3. 1, cpv. XI della sent. n. 1/2014.

Questa disproporzionalità si è, infatti, verificata nelle elezioni del 2018 e, sarà amplificata con la riduzione del numero dei seggi perché a parità di popolazione la riduzione del numero dei seggi aumenta la popolazione di ogni singolo collegio e/o circoscrizione, con l'effetto, nei collegi uninominali, di aumentare il valore assoluto dei voti delle liste concorrenti che, collegato alle incostituzionalità denunciate in precedenza, rende la fattispecie censurabile sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 48 Cost. sull'uguaglianza potenziale degli effetti del voto in un sistema misto, uguaglianza che invece veniva garantita, nel Mattarellum, dalla doppia scheda e dal voto disgiunto, nonostante una netta prevalenza dei seggi assegnati col maggioritario, 3/4, cioè il doppio del Rosatellum.

Quanto alle elezioni del 2018 basta rinviare ai dati contenuti nella Tabella 3 (doc. 2) dell'articolo della prof. Lara Trucco dell'Università di Genova5, nella quale è evidenziata la disproporzionalità tra i seggi assegnati e quelli spettanti in base alla percentuale complessiva. La coalizione di CDX alla Camera di 630 seggi con il 37,1% ottiene 265 seggi, 31 seggi in più dei 234, che le spetterebbero in un sistema proporzionale, cioè il 13,2% di seggi in più. Al Senato, di 315 membri elettivi con il 37,5% (+ 0,4% rispetto alla Camera) conquista 137 seggi, invece di 118 con un incremento del 16,1% (+2,9% rispetto alla Camera); ciò a dimostrazione dell'effetto della riduzione dei seggi. L'effetto viene confermato dai risultati della seconda lista beneficiaria, il M5S, che alla Camera con il 32,7% prende il 10,2% di seggi in più mentre al Senato con una percentuale inferiore (- 0,5%), ottiene il 10,9% dei seggi in più (+ 0,7%).

Le liste perdenti amplificano le perdite, come dimostra la coalizione di CSX alla Camera, che con il 22,8% ha 112 seggi invece di 144, cioè il 14,6% di seggi in meno. Al Senato, con una percentuale, leggermente superiore, 22,9%, i seggi assegnati sono 60, in luogo di 72, ma la perdita percentuale in seggi è del 16,7%, quindi -2,1%, rispetto alla Camera.

Con la riduzione a 400 dei deputati e 200 dei senatori la disproporzionalità viene naturalmente aumentata, anche grazie al metodo di calcolo della percentuale dei seggi alla Camera dove l'arrotondamento a danno del maggioritario si fa all'unità inferiore ( art. 1 c. 1, lett. a) n.1), l. n. 51/2019) e al Senato a favore all'unità più prossima (art. 2 c. 1, lett. a) n.1), l. n. 51/2019) e nella circoscrizione regionale Trentino-Alto Adige/Sudtirol i 6 seggi sono tutti assegnati in collegi uninominali maggioritari, mentre con il criterio generale al Senato avrebbero dovuto essere 2 su 6.

A ciò occorre aggiungere che il trattamento delle liste minoritarie politiche rispetto alle liste rappresentative di minoranze linguistiche è ancora più deteriore. LeU con 991.159 voti, il 3,3%, al Senato ha avuto 4 seggi invece di 10, cioè— 60%, mentre la SVP 128.282 voti, 0,4%, 3 seggi, in luogo di 1, +200%6.

VI.

Quanto al premio di maggioranza “occulto/implicito” con effetti costituzionalmente illegittimi.

Nella legge elettorale politica in vigore non è espressamente previsto, com’è noto, il premio di maggioranza, parendo dunque valere anche per essa il principio, affermato dalla stessa Corte costituzionale con la sent. n. 1/2014 per l’Italicum, per cui qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell'elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell'attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio alla funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE, sentenza 3/11 del 25 luglio 2012; ma v. già la sentenza n. 197 del 22/05/1979 e la sentenza n.1 del 5/04/1952)”. Tale squilibrio, come in precedenza illustrato, si è, tuttavia, realizzato nelle elezioni del 2018. Nella già citata Tab. 3 (doc. 2) dello scritto della prof. Lara Trucco dell’Università di Genova, op.cit., si ricava, infatti, che la disproporzione aumenta in proporzione inversa al numero dei seggi. Essa è, cioè più elevata dove sono meno i seggi da distribuire nel rapporto tra maggioritario (3/8) e proporzionale (5/8), quindi tra Camera con 630 elettivi e Senato con 315, ed è destinata ad accentuarsi con la riduzione dei Parlamentari ex l. cost. n.1/2020 a 400 deputati e 200 senatori.

Il premio di maggioranza, dunque, nel Rosatellum, pur non essendo espressamente previsto, è nascosto e implicito, ma evidente: per scattare occorre che la coalizione o la lista di maggioranza relativa abbia una distribuzione media omogenea sul territorio, perché in tal caso alla Camera può raggiungersi la maggioranza assoluta anche con il 30% dei voti e al Senato col 35%, tutte percentuali inferiori al 40% dell'Italicum, previsto per l'assegnazione del premio in un turno unico.

A seguito della riduzione del numero dei parlamentari, come ulteriore effetto distorsivo, la forza vincente alle prossime elezioni sarà tale pur non avendo ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validi e, comunque, dei votanti.

VII.

Quanto alla prospettata illegittimità costituzionale dell’art. 17 bis, comma 3, del D.Lgs. n. 533/1993 (come introdotto dall’art. 2, comma 9 della L. 165/2017), sulle pluricandidature, per contrasto con l'artt. 117, primo comma Cost. (in relazione all'art. 3 del Protocollo n. 1 addizionale alla CEDU), oltre che con gli artt. 3, 48, secondo e terzo comma, 51 e 57 della Costituzione

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 bis, comma 3, del D.Lgs. n. 533/1993 (come introdotto dall’art. 2, comma 9, della L. 165/2017), nella misura in cui all’art. 85 comma 1, del DPR n. 361/1957 viene statuito che chi sia stato eletto in più collegi plurinominali senatoriali è proclamato eletto nel collegio in cui la rispettiva lista ha ottenuto la minore cifra percentuale.

Semplificando, il pluricandidato plurieletto è chiamato a rappresentare gli elettori che hanno manifestato alla sua lista un gradimento inferiore rispetto ad altri elettori che hanno manifestato per quella stessa lista un gradimento percentuale superiore.

Francamente la ratio di tale previsione è inspiegabile. Essendo insuscettibile di interpretazione conforme a Costituzione, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale sulla citata norma del decreto legislativo n. 533 del 1993 s.m.i. per violazione del diritto di elettorato passivo, che, per il tramite della norma interposta dell'articolo 3 del Protocollo n. 1 addizionale alla CEDU, è tutelato dall'artt. 117, primo comma Cost., oltre che dagli articoli 3, 48, secondo e terzo comma, 51 e 57 della Costituzione.

****

A fronte dei prospettati profili di illegittimità costituzionali delle censurate norme di cui alla l. n. 165/2017 (nonché della l. n. 51/2019), il ricorrente ritiene quantomeno opportuno ancora segnalare altre questioni di legittimità costituzionale che spiegano ancor di più le motivazioni poste a fondamento dei propri diritti fondamentali di elettorato nel presente ricorso.

VIII.

Quanto ai profili di illegittimità costituzionale dell’art.57, comma 3, Cost., così come modificato dalla l. cost. 19 ottobre 2020, n. 1

Il testo base per il taglio dei Parlamentari del 36,50% è nato da tre ddl cost. presentati al Senato della Repubblica e precisamente A.S. n. 214 Quagliariello (doc. 3), A.S. n. 515 Calderoli Perilli (doc. 4) e A.S. n. 805 Patuanelli Romeo (doc. 5) che all’art. 2 prevedono la riduzione del numero minimo di senatori per regione da 7 (art. 57.3 Cost.), rispettivamente a 5 (Quagliariello), a 6 (Calderoli) e a 5 (Patuanelli).

Questo equilibrio7, presente anche nell’art. 57.3 Cost. 1948, quando il numero minimo di senatori era stato stabilito in 6, è stato irragionevolmente rotto con un emendamento del relatore in occasione della prima seduta del 6 febbraio 20198 e non si coordina né con il primo comma dell’art. 57 Cost., né con l’art. 131 Cost., oltreché contrastare con gli artt. 3, 48.2, 51.1, 114 e 116 Cost.

Il taglio lineare del numero di parlamentari al 36,50% è stato applicato alle Camere nel loro complesso9e alla “circoscrizione Estero”10, e nelle singole regioni. Per esempio, la Lombardia (residenti 2011 9.704.000), che vantava 49 senatori, ora resta con solo 31 rappresentanti, pertanto un senatore ogni 313.000 abitanti. Il Trentino- Alto Adige/Sud Tirol (residenti 2011 1.029.000), invece, ne aveva il numero minimo di 7 ed ora ne ha 6: il taglio è stato, quindi, solo del 14,28% e detta regione a statuto speciale elegge un senatore ogni 171.500 abitanti

L’equiparazione delle Province autonome di Trento e Bolzano (non espressamente nominate come tali nel novellato art. 57.3 Cost.) alle Regioni, non prevista da nessun testo di legge costituzionale a cominciare da quello assunto quale testo base (ddl cost, A.5.n.515 Calderoli-Perilli), è stato introdotto grazie ad emendamento del relatore, con la conseguenza che la regione vanta, per l’appunto, una rappresentanza di 6 senatori (e, cioè, 3 per ogni Provincia autonoma). Sì da risultare sovra rappresentata nel Senato rispetto a Regioni più popolose, comprese Regioni a statuto speciale (Sardegna e Friuli-Venezia Giulia) peraltro anche caratterizzate dalla presenza di minoranze linguistiche riconosciute e tutelate dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, che costituisce ritardata attuazione dell'art. 6 Cost, e della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali di Strasburgo 1995, STE n. 157 del Consiglio d'Europa, autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione in Italia dati con legge n. 302 del 28 agosto 1997, (Gazzetta Ufficiale n. 215 S.O. del 15 settembre 1997). Il Trentino Alto Adige/Sudtirol, che aveva cioè 7 senatori come Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Umbria e Basilicata, ora avrà 2 senatori in più di Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia, ma anche 1 senatore in più di Liguria, Marche e Sardegna e lo stesso numero della Calabria, pur avendo al censimento 2011 una popolazione di 1.029.475 abitanti, la minore tra quelle delle regioni sopra nominate, tra le quali si distaccano la Sardegna con 1.639.362 e la Calabria con 1.959.050. Insomma la Calabria, con quasi il doppio della popolazione, elegge lo stesso numero di Senatori del Trentino Alto Adige.

La l. cost. n. 1/2020 è un corpo normativo di rango costituzionale ma appare, parimenti, incostituzionale perché viola i principi supremi dell'ordinamento costituzionale (sent. n. 1146/1988 della Corte Cost.). Come sottoporre il quesito alla Corte Cost. attraverso una questione di legittimità costituzionale in via incidentale prima dell'applicazione della legge in caso di elezioni parlamentari è un problema, non semplice, che il ricorrente propone al Giudice adito, auspicabilmente remittente, con riserva di ritornare sul punto. La Costituzione fin dalla sua approvazione ha stabilito un trattamento differenziato della rappresentanza delle regioni nel Senato della Repubblica prevedendo Regioni con numero fisso di senatori e regioni con numero minimo. Originariamente la Valle d’Aosta era la sola ad avere un numero fisso di un senatore. Il numero minimo era fissato in 6, elevato a 7 nel 1963 (legge cost. 9 febbraio 1963, n. 2) con il passaggio della Camera a 630 deputati e del Senato a 315 elettivi. Nello stesso anno 1963 con la legge cost. n.1/1963 si era approvato lo Statuto della Regione autonoma Friuli Venezia e con la legge cost. n. 3/1963 l’istituzione della Regione Molise, assegnando alla stessa un numero fisso di senatori pari a due. Dunque il rapporto tra popolazione e numero di senatori non era sempre proporzionale, tuttavia veniva rispettata una ratio logica: con il numero fisso si garantiva la presenza di tutte le regioni. Presenza che, per l’appunto, non sarebbe stata assicurata dalla norma generale che prevedeva un senatore ogni duecentomila abitanti, la Valle d’Aosta sarebbe stata escluda dalla Camera Alta, in violazione dell’art. 57 Cost. per il quale l’elezione del Senato è “a base regionale”. Altro correttivo rispetto alla popolazione era rappresentato dal numero minimo, per le ragioni si rinvia ai lavori della Costituente ed agli interventi di un illustre costituente, il prof, Costantino Mortati. Tra le regioni che beneficiavano del numero minimo vi erano differenze di popolazione, ma nessuna di esse aveva un numero di senatori superiore a quello spettante all’ultima Regione cui fosse stato attribuito in applicazione dell’art. 57 c. 4 Cost.: erano un gruppo omogeneo, cui era stato attribuito un vantaggio, ma non a danno di altra regione: una normativa speciale, ma senza rovesciare la regola generale.

In vista della riduzione del numero dei parlamentari, logica avrebbe voluto che si fossero applicati criteri omogenei di analogo tenore o tenendo conto della percentuale del taglio, ma ciò, come si evince dalla tabella che si allega (doc.12), non è avvenuto, in violazione di principi supremi del nostro ordinamento costituzionale (sent. costituzionale n. 1146/1988), quale quello di uguaglianza.

La media per un senatore è di 303.000 abitanti, che sconta già l’abbassamento del rapporto dovuto a Valle d’Aosta e Molise, 168.000 abitanti bastano invece in Alto Adige/Südtirol e 175.000 in Trentino, rispettivamente il 55,44% e il 57,75% della media. La sperequazione diventa intollerabile se si considerano quelle regioni come l’Abruzzo e la Campania (320.000 ab/sen), la Calabria (327.000ab/sen) e la Sardegna (328.000ab/sen), ma anche Piemonte e Puglia (312.000ab/sen), Lombardia e Sicilia (313.000) e Liguria (314.000ab/sen). Anche non mettendo in discussione il saldo complessivo approvato dal referendum costituzionale non si giustificano i due seggi in più attribuiti alla Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, ritenendosi, in definitiva, che detta previsione si ponga in contrasto anche con l’art. 57 c. 1 e c. 4 Cost.

IX.

Violazione dei principi e criteri direttivi della delega legislativa ex art. 76 Cost.

L’art. 3 della legge 27 maggio 2019, n. 51 non stabilisce pacifici principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega “ai fini dell'elezione della Camera dei deputati”, ma al suo comma 2, lett. a) n. 2 dispone che “si applicano i principi e i criteri direttivi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere b), c), d) ed e), della legge 3 novembre 2017, n. 165”, rinviando cioè ad una legge pensata per la elezione di 618 deputati in circoscrizioni del territorio nazionale e 12 nella circoscrizione Estero. Questi principi e criteri direttivi non potevano tenere conto degli effetti della drastica riduzione dei parlamentari di cui alla legge cost. n. 1/2020, ancorché il testo fosse stato approvato in prima lettura dal Senato il 7 febbraio 2019 e dalla Camera il 9 maggio 2019: la definitiva approvazione è intervenuta l’8 ottobre 2019, con la seconda approvazione della Camera, come da attestazione del Presidente della Camera in G.U. n. 240 del 12 ottobre 2020.

In particolare non si è potuto tener conto “delle unità amministrative su cui insistono” (art. 3 c. 1 lett. d) cpv. I della l. n. 165/2017), cioè delle Province, che pure sono parti costitutive della Repubblica ex art. 114 Cost., (ad esempio in Toscana, le province di Pistoia, Siena e Firenze sono state smembrate, ed in Abruzzo la Provincia di Teramo).

Non si è tenuto conto neppure del criterio di cui al cpv. 2 della lett. d) dell’art. 3 c. 1 l.n. 165/2017, che prescriveva “Nelle zone in cui siano presenti minoranze linguistiche riconosciute, la delimitazione dei collegi, anche in deroga ai principi e criteri direttivi di cui al presente comma, deve tenere conto dell'esigenza di agevolare la loro inclusione nel minor numero possibile di collegi”. Di questo criterio si è tenuto conto parzialmente nelle regioni a statuto speciale, che accordavano una tutela a minoranze linguistiche con norme statutarie o di attuazione dello statuto, ma del tutto ignorato in Regioni come la Calabria, che ha una consistente minoranza linguistica albanofona e una più piccola grecanica, il Piemonte con la minoranza linguistica occitana o la Puglia con quella greca. Destano, inoltre, perplessità costituzionale per violazione dell’art. 48 Cost., nonché dell’art. 51 Cost. le norme speciali per il Trentino Alto Adige/Südtirol e Molise, benché già presenti nell’art. 3 c. 1, lett. a) l.n. 165/201711, in deroga a quanto disposto in via generale dall’art. 1 c.1, lett. a), n. 1) della l.n. 51/2019 e cioè : «un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni elettorali di cui alla tabella A allegata al presente testo unico, con arrotondamento all’unità inferiore,».
Con l’applicazione di questa regola al Trentino Alto Adige/S, cui sono stati assegnati 7 deputati, spettavano 2 seggi uninominali e 5 plurinominali, invece, applicando la norma speciale12, ha 4 uninominali e 3 plurinominali.

Il Molise con 2 deputati, applicando la regola generale13, dovrebbe avere un collegio plurinominale, che elegge 2 deputati14, mentre applicando la norma speciale dovrebbe eleggere i suoi due deputati in un collegio uninominale e in un collegio plurinominale che coincide con la circoscrizione regionale. In apparenza è lo stesso risultato in termini pratici, ma con l’effetto di escludere che il candidato del collegio uninominale possa beneficiare di seggi non assegnati in altre circoscrizioni, come si è verificato nelle elezioni del 4 marzo 2018.

Come detto; il sistema elettorale è misto, con prevalenza della parte proporzionale 5/8 v. 3/8. La legge conferma con i criteri di arrotondamento di voler privilegiare la parte proporzionale, quantomeno alla Camera.

La norma di delegazione legislativa (art. 3 c. 2 l.n. 51/2019) non detta, inoltre, criteri e principi diretti particolari per il Senato perché la differenza rispetto alla Camera è nell’art. 2 c. 1 della legge stessa, con il quale si è modificato il testo dell’art. 1 del d.lgs. n. 533/1993, che prevedeva per il territorio nazionale 109 collegi uninominali, esclusa la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, in un numero variabile: «Il territorio nazionale è suddiviso in un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni regionali, con arrotondamento all’unità più prossima, assicurandone uno per ogni circoscrizione. Fatti salvi i collegi uninominali delle regioni che eleggono un solo senatore e quelli del Trentino-Alto Adige/Südtirol…». L’evidenziazione in carattere grassetto è per evidenziare la differenza, non motivata nella relazione illustrativa, dei criteri di arrotondamento, poiché per la Camera l’art. 1 c. 1 della legge n. 51/2019 prevede «un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del totale dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni elettorali di cui alla tabella A allegata al presente testo unico, con arrotondamento all’unità inferiore» e senza il vincolo, che dovesse esserci almeno un seggio uninominale in ogni circoscrizione 15. L’arrotondamento all’unità più prossima comporta invece una torsione maggioritaria al Senato che, unita alle norme speciali per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, incide sull’uguaglianza di voto, come si evince dalle tabelle che si producono (docc. 9 e 11), che mettono a confronto la ripartizione fra seggi uninominali maggioritari e seggi plurinominali applicando sempre il criterio Camera senza eccezioni e quella concretamente applicata al Senato e alla Camera. Al Senato tabella 1 (doc. 9), i seggi uninominali sono 15 in più di quelli con applicazione rigida dei criteri Camera e 15 seggi su 196 sono il 7,65%.

Alla Camera gli scostamenti si verificano soltanto nelle regioni Trentino-A.A. e Molise e hanno una minore incidenza proporzionale, poiché 3 seggi su 392 sono lo 0,76%. Lo sbilanciamento maggiore è prodotto dalla legge cost. n.1/2020, che ha assegnato alla Regione Trentino-Alto Adige 6 seggi senatoriali attraverso l’escamotage di equiparare le Province autonome alle Regioni, con l’attribuzione di un numero minimo di senatori, pari a 3, lo stesso numero di Umbria e Basilicata. E’ questa la dimostrazione che basta una maggioranza assoluta per modificare la Costituzione senza rispettare nemmeno i principi supremi, come individuati dalla sentenza n. 1146/198816, senza possibilità di controllo nemmeno in caso di referendum costituzionale ex art. 138 Cost., che non prevede necessariamente un intervento della Corte Cost. nella fase di ammissibilità, malgrado che l’U.C.R, possa rimetterla alla Corte con ordinanza ex art. 23 l.n. 87/1953 ed il Comitato promotore possa promuovere conflitto di attribuzione.

*****

Fatta questa ricostruzione ed evidenziate le contraddizioni, le problematiche, i veri e propri paradossi costituzionali della produzione legislativa in materia elettorale, il ricorrente è convinto che in applicazione dei principi delle sentenze n. 1/2014, 35/2017 e 48/2021, la legge elettorale vigente sia incostituzionale. E ciò anche a prescindere dalla legge cost. n. 1/2020, per i motivi tutti qui esposti col presente ricorso che qui si intendono integralmente richiamati.

*****

Le conclusioni e le richieste sono quelle illustrate in epigrafe.

Si depositano in allegato i seguenti documenti:

doc. 2) Tab. 3 disproporzionalità seggi assegnati p.89 op. cit. TRUCCO;

doc. 3) A.S. n.214 ddlcost. Quagliariello;

doc. 4) A.S. n. 515 ddlcost. Calderoli Perilli;

doc. 5) A.S. n. 805 ddlcost. Patuanelli Romeo;

doc. 6) Resoconto stenografico 88ma e 89ma seduta;

doc. 7) Corte Cost, sent. v. 259 del 2009, Massima 33988;

doc. 8) Resoconto sommario 239 del 20.04.2021 Prima Comm. Senato;

doc. 9) Tabella 1 Senato seggi 196;

doc. 10) Tabella 2 Camera seggi 392;

doc. 11) Trucco L., Diritti politici fondamentali: la Corte spinge per ampliare ulteriormente la tutela (a margine della sent. n. 48 del 2021), Consulta Online, 2021-Fasc. 1, 1° aprile 2021, in Studi e Contributi, pp. 283-287

doc. 12) Tabella comparativa Senato con quozienti naturali interi e rapporti popolazione/senatori


DICHIARAZIONE AI FINI DEL CONTRIBUTO UNIFICATO

Si dichiara che il presente giudizio, in quanto promosso a tutela dell'esercizio dei fondamentali diritti in materia elettorale, come costituzionalmente garantiti, non è soggetto al Contributo Unificato, e ciò ai sensi del combinato disposto dell'art. 10 del DPR n. 115-2002 (Esenzioni: "Non è soggetto al contributo unificato il processo già esente, secondo previsione legislativa e senza limiti di competenza o di valore, dall'imposta di bollo o da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, (...) ), e dell'art. 1 del DPR 642-1972, Allegato B (atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto:

"Petizioni agli organi legislativi; atti e documenti riguardanti la formazione delle liste elettorali, atti e documenti relativi all'esercizio dei diritti elettorali e dalla loro tutela sia in sede amministrativa che giurisdizionale").

In ogni caso si precisa che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, il valore del presente giudizio è indeterminato e indeterminabile.


Trieste, li ………………..

On. Avv. Felice Carlo Besostri

Avv. Giovanni Ventura

NOTE

1  Originariamente con la modifica introdotta dall’art. 2, c. 7 lett. c) della l.n. 165/2017, per le liste di minoranze linguistiche il conteggio dei loro voti a favore delle coalizioni di appartenenza era previsto unicamente nel caso che “i cui candidati siano stati proclamati eletti in almeno due collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16”, modificato con l’art. 2 c. 1, n.3), lett. b) l.n. 51/2019.

2  La modifica introdotta dall’ 2 c. 1, n.3), lett. b) l.n. 51/2019“ in almeno un quarto dei collegi uninominali della circoscrizione regionale ai sensi dell'articolo 16, con arrotondamento all'unità superiorenon è una norma per le liste rappresentative di minoranze linguistiche di regioni a statuto special, ma norma ad hoc applicabile solo nella Regione Trentino-Alto Adige/ Südtirol e a esclusivo vantaggio della SVP (Partito Popolare Sudtirolese) anche in applicazione della legge costituzionale n. 1/2020. E’ l’unica regione che elegge 6 senatori tutti in collegi uninominali in due circoscrizioni provinciali e che anche alla Camera non rispetta la proporzione 3/8 e 5/8, tra eletti in collegi uninominali (4) e pluri-nominali (3).

3  Come era previsto nella cd legge Mattarella del 1993 per l’elezione del Senato e per la precisione dall’art.4 (Delle operazioni dell'ufficio elettorale regionale) della l. n. 276/1993 di sostituzione dell’art. 19 legge 6 febbraio 1948, n. 29..

4  Sull’ammissibilità Corte Cost. sent. n.48/2021 in G. U. 31/03/2021 n. 13,SS e commento di Trucco L., Diritti politici fondamentali: la Corte spinge per ampliare ulteriormente la tutela (a margine della sent. n. 48 del 2021), Consulta Online, 2021-Fasc. 1, 1° aprile 2021, in Studi e Contributi, pp. 283-287 (doc. 11)

5 Lara TRUCCO, Rosatellum-bis e la forma di governo “leadercratica” sul far del nascere della XVIII Legislatura, in Fascicolo 3/2018-Rotture e continuità nell’avvio della XVIII della Rivista Costituzionalismo.it, p.89. (http://www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201803_691.pdf)

6 3 seggi SVP sono tutti concentrati nella Provincia autonoma di Bolzano, 504.643 abitanti (cens. 2011), quindi un senatore ogni 168.214 abitanti, quando la media nazionale è di 297.169, calcolando i seggi fissi di Val d'Aosta, 1, e Molise, 2, che abbassano la media. La concentrazione territoriale del voto è in vantaggio che spiega il vantaggio in seggi della coalizione di CDX prevalente nel Settentrione e della lista M5S nel Meridione e Isole.

Perché si aggiunge per le liste minoritarie politiche alla soglie implicite delle Regioni, tutte superiori al 3%, eccetto che in Lombardia con 315 senatori elettivi e che non riguarda le minoranze linguistiche.

7 In nessun caso la popolazione delle regioni con numero minimo o fisso, avrebbe potuto avere un numero di senatori pari o superiore all’ultima regione assegnataria di seggi in base alla popolazione residente ai sensi dell’art. 57.4 Cost.

8Senato DELLA REPUBBLICA, XVIII legislatura, 88a seduta pubblica resoconto stenografico (*) mercoledì 6 febbraio 2019 (doc. 6).

9 36,50% di 630=229,95 arrotondato 230, 36,50% di 315=114,975 arrotondato 115,

10 36,50% di 12=4,38 arrotondato 4, 36,50% di 6=2,19 arrotondato 2

11Nelle circoscrizioni Trentino-Alto Adige/Südtirol e Molise sono costituiti, rispettivamente, sei e due collegi uninominali come territorialmente definiti dal decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 535” (art.3 c.1, lett. a), secondo periodo l.n. 165/2017.

12«la circoscrizione Trentino-Alto Adige/Südtirol è ripartita in un numero di collegi uninominali pari alla metà dei seggi assegnati alla circoscrizione medesima, con arrotondamento all’unità pari superiore. Le circoscrizioni cui sono assegnati tre deputati sono ripartite in due collegi uninominali; le circoscrizioni cui sono assegnati due deputati sono costituite in un collegio uninominale» (art. 1 c.2 dpr n. 361/1957, come modificato dall’art. 1 c. 1 lett. a), n.1) l.n.51/2019)

13Calcolo dei 3/8 di 2: (2:8) x 3= 0,75, pertanto nessun seggio uninominale, ma un seggio plurinominale che elegge 2 deputati

14Come consentito dall’art. 1 c. 3 del dpr n. 361/1957 come sostituito dall’art. 1 c.1 della legge n. 165/2017, testo integrale in nota 29.

15In effetti l’art. 1 c. 3 del dpr n. 361/1957 come sostituito dall’art. 1 c.1 della legge n. 165/2017 così formulato “3. Per l'assegnazione degli altri seggi ciascuna circoscrizione è ripartita in collegi plurinominali costituiti, di norma, dall'aggregazione del territorio di collegi uninominali contigui e tali che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto.”, avrebbe consentito la costituzione di un collegio plurinominale con 2 seggi.

16E poco importa che si sia in presenza di norme costituzionali, dato che anche ad esse possono essere validamente opposti i cd. controlimiti (ancora sent. n. 1146 del 1988).” (Costanzo P., Quando i numeri manifestano principi ovvero della probabile incostituzionalità della riduzione dei parlamentari, Consulta Online, 2020 FASC. l, 31 gennaio 2020, pp. 75-77, nota 19.



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