Il mito della stabilità di governo

 Anche il Rosatellum è nato inseguendo il mito della stabilità di governo, sebbene la logica, la Costituzione e la storia dimostrino che la stabilità di governo non dipende dalla legge elettorale, che serve a trasformare i voti in seggi sulla base di un modello matematico, ma dal sistema istituzionale nel suo insieme.

Nel nostro sistema l’esecutivo deve avere la fiducia delle due camere, che per previsioni costituzionali hanno diversi elettorati e diversi metodi di assegnazione dei seggi; pertanto, la probabilità di avere maggioranze differenti tra le due camere o di non avere una maggioranza precostituita in una o entrambe le camere sono esiti che possiamo considerare inefficienti, ma pienamente conformi alla Costituzione e quindi eliminabili solo modificando la Costituzione. 

Inoltre, in un sistema in cui è sempre possibile in Parlamento formare una nuova maggioranza, è velleitario pensare che una legge elettorale possa produrreil governo scelto dagli elettori” senza una profonda riforma costituzionale.

Con il Mattarellum (legge elettorale mista per il 75% con collegi uninominali, approvata nel 1993), abbiamo votato nel 1994, 1996 e 2001, con il risultato di avere in 12 anni 3 legislature, 8 esecutivi e 5 diversi Presidenti del Consiglio.

Con il Porcellum approvato nel 2005 (legge elettorale proporzionale con premio del 55% dei seggi al primo classificato alle elezioni per la Camera e al Senato al primo classificato in ogni Regione) abbiamo votato nel 2006, 2008, 2013 con il risultato di avere in 12 anni 3 legislature, 6 esecutivi e 6 diversi presidenti del consiglio.

Con entrambe le leggi abbiamo avuto cambi di maggioranza, i famosi ribaltoni, forze politiche nate in Parlamento e mai votate dagli elettori, il trionfo del trasformismo e dei voltagabbana …

Adessso, con il Rosatellum, siamo già a 3 esecutivi con 2 diversi presidenti del consiglio, ma potremmo dire 3 presidenti perché il Conte 2 per metamorfosi non è lo stesso Conte che esaltava Trump e i decreti sicurezza …

Il risultato è sempre stato una profonda alterazione della rappresentatività del Parlamento senza ottenere alcuna stabilità di governo.

Il risultato è stato aver premiato le coalizioni che nel nostro sistema diventano invito alla frammentazione perché non c’è corrispondenza tra come le forze politiche si presentano alle elezioni e come si collocano in Parlamento.

Prendiamo la prima maggioranza nata dopo le elezioni del 2018: governo Conte sostenuto da M5S e Lega.

La Lega era in coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia.  Grazie a questa coalizione La Lega ottenne la bellezza di 50 deputati e 21 senatori  eletti nel maggioritario. Elettori di FI e FdI votarono quei candidati leghisti per dare forza a un progetto politico di centro-destra, ma grazie a questi parlamentari leghisti eletti nei collegi uninominali la Lega ha potuto formare la maggioranza con il M5S.

In cosa consiste il valore positivo della coalizione se dopo il voto la coalizione non esiste più ma esistono i singoli gruppi parlamentari?

Che fine fa la volontà dell’elettore che ha votato un candidato di coalizione per dare forza a un progetto politico, se poi il suo voto serve una causa diversa da quella sostenuta dalla coalizione?

Nel nostro sistema, favorire la formazione di una coalizione significa alterare la rappresentatività del Parlamento senza rafforzare stabilità e governabilità.

Alle elezioni del 2013, il premio consentì al centrosinistra di avere la maggioranza alla Camera, ma non al Senato; nacque una maggioranza tra avversari con addirittura nuove forze politiche mai votate dagli elettori.

Nel 2013, la coalizione di centrosinistra, “Italia Bene Comune”, si sfaldò e SEL, che ne faceva parte, passò all’opposizione, ma la sua consistenza parlamentare aveva avuto un gran beneficio dal premio.

Le coalizioni e il premio hanno sempre prodotto una profonda alterazione dei rapporti di forza tra le diverse componenti politiche in Parlamento, senza ottenere alcuna stabilità di governo.

Inutile e dannoso inseguire la stabilità di governo con la legge elettorale senza alcuna coerenza con il sistema istituzionale che è pur sempre incentrato sul governo parlamentare.

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