I RICORSI CONTRO LE LEGGI ELETTORALI

 

Negli ultimi anni il Parlamento ha approvato diverse leggi elettorali per il rinnovo del Parlamento che hanno dato un intenso lavoro alla Corte costituzionale e al sistema giudiziario nel suo insieme, giacché non è possibile accedere al giudizio della Corte senza passare per un Tribunale. 

Il cosiddetto Porcellum arrivò al vaglio della Corte dopo una lotta giudiziaria durata anni. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12060/2013, riconobbe che la legge elettorale del 2005 presentava rilevanti e non manifestamente infondate questioni di legittimità costituzionale. Nelle motivazioni con cui rimette il giudizio alla Corte Costituzionale, la Cassazione accolse i rilievi riguardo a premio di maggioranza alla Camera, premio di maggioranza al Senato, liste bloccate che delegano agli organi di partito l’effettiva selezione dei parlamentari; respinse, invece, i rilievi relativi all’indicazione del candidato premier poiché ritenne che questa non fosse lesiva delle prerogative del Presidente della Repubblica, perché in teoria libero di affidare l'incarico di formare il governo a persona diversa da quella che la coalizione vincente aveva indicato.

Si trattava di contestazioni già da tanti giuristi sollevate nel 2005, al tempo della discussione del Porcellum in Parlamento, ma nonostante quelle evidenze la legge fu promulgata e il centrosinistra che vinse nel 2006 le elezioni non fu capace di sbarazzarsi di quella legge, sebbene avesse in campagna elettorale promesso di farlo.

L’aspetto più significativo dell’operato della Cassazione sta proprio nell’aver riconosciuto la natura incidentale della verifica di legittimità costituzionale.

Per la Cassazione non era condivisibile la tesi secondo la quale quanto previsto dalla legge elettorale rientrasse esclusivamente nell’ampio potere discrezionale del legislatore. La tesi della totale discrezionalità del legislatore, infatti, produrrebbe un vulnus gravissimo per l’ordinamento democratico poiché la legge fondamentale per il funzionamento della democrazia sarebbe sottratta al giudizio di costituzionalità.

La palla passò alla Corte Costituzionale e una eventuale dichiarazione di inammissibilità avrebbe comportato che la legge elettorale sarebbe stata sottratta al giudizio di costituzionalità, tesi molto ardita da sostenere, non solo per quanto affermato dalla Cassazione, ma anche perché la legge elettorale è una legge costituzionalmente necessaria.

Possiamo accettare che su una legge fondamentale per la formazione del Parlamento possa gravare il dubbio d’incostituzionalità? Si può ritenere che la conformità alla Costituzione si limiti al rispetto dei pochi requisiti richiesti? Età per l’accesso alle cariche elettive, cittadinanza italiana, godimento dei diritti politici? Certamente no.

La Corte Costituzionale decidendo per l’ammissibilità del ricorso ci offriva due possibili scenari: o il Porcellum era conforme alla Costituzione o non era conforme Costituzione.

Se il Porcellum fosse stato ritenuto costituzionale, avrebbe significato che il nostro regime è per costituzione una partitocrazia. Tutto rientrerebbe nel potere discrezionale del legislatore. Come dire, parola di legislatore parola di Re!

Se il Porcellum fosse stato ritenuto non costituzionale, avrebbe significato che il nostro regime è gravemente deficitario di garanzie e contrappesi, tant’è da consentire non solo che ben tre parlamenti siano stati eletti sulla base di una legge incostituzionale, ma addirittura che il Parlamento eletto nel 2013 con una legge nel 2014 dichiarata incostituzionale, proprio negli aspetti che hanno determinato i rapporti di forza tra le forze politiche, potesse restare in carica fino al 2018 e addirittura approvare una corposa riforma costituzionale, respinta solo grazie al voto referendario, e a forza di voti di fiducia ben due nuove leggi elettorali, di cui una censurata dalla Corte senza nemmeno essere mai stata applicata. Una situazione che ha consentito un’autentica macelleria dei principi della rappresentanza parlamentare.

Oggi siamo ancora nella stessa situazione: l’ultimo Parlamento partorito dal Porcellum ha prodotto prima il famigerato Italicum e poi non contento il Rosatellum, che ripropone aspetti già censurati dalla Corte. Per questo, anche il Rosatellum è oggetto di ricorsi e ci auguriamo che qualche Tribunale accolga il ricorso affinché la legge elettorale vigente possa essere analizzata dal punto della legittimità costituzionale, dato che la valutazione politica è unanime: è una pessima legge che però gli interessi di parte non consentono di superare, esattamente come avvenne  con il Porcellum.

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