Le
coalizioni rappresentano una “novità”, premiata e incentivata, nel nostro
sistema elettorale sin dal 1993 quando fu approvato il Mattarellum. La Corte
non si è mai espressa sulle coalizioni, limitandosi ad avvalorare la tesi
secondo cui le coalizioni contribuirebbero alla stabilità di governo.
Tesi affermata in modo apodittico, non supportata da argomentazioni e in ogni caso tesi che crolla alla verifica con la realtà, di cui tutti dovrebbero tener conto senza indulgere troppo con le astratte speculazioni.
Le coalizioni hanno solo la nascita della maggioranza, senza impedire che
altre maggioranze e altri governi potessero formarsi. Quindi, le coalizioni
producono con assoluta certezza l’alterazione dei rapporti di forza tra le
componenti politiche e della rappresentatività del Parlamento.
Nella
realtà, favorire la nascita di un governo non significa garantirne la stabilità
perché una maggioranza può frantumarsi provocando la nascita di nuove maggioranze
e nuovi governi, cosicché premiare le coalizioni garantisce solo l’alterazione
della rappresentatività del Parlamento.
Se per
instabilità di governo s’intende la caducità degli esecutivi, allora nessuno
può ignorare che l’Italia è caratterizzata da governi di coalizione in cui i
partiti elettoralmente minori hanno un potere sproporzionato e spesso sono
causa delle cadute dei governi, talvolta però i governi cadono o hanno vita
tormentata per il conflitto tra le correnti interne al partito di maggioranza
relativa. In questa situazione, non si risolve il problema dell’instabilità
favorendo la formazione di coalizioni prima del voto: i partiti faranno dopo il
voto ciò che hanno sempre fatto. E’ sul sistema costituzionale che bisogna
intervenire per superare il limite intrinseco dei governi di coalizione, dove
nulla conta se le coalizioni sono nate prima del voto o dopo.
Era
prevedibile che incentivare la formazione di coalizioni, avrebbe prodotto
coalizioni eterogenee per sottrarre all’avversario il privilegio di formare il
governo.
Nel 2014, quando la Corte ha valutato il Porcellum, era osservabile che le coalizioni erano sempre implose provocando ribaltoni e nuove maggioranze spesso nate con la formazione di nuove forze parlamentari mai votate dagli elettori.
Era
successo così con il primo governo
Berlusconi, quando la Lega uscì dalla maggioranza, successe la stessa cosa dopo
la caduta del primo governo Prodi e la nascita del governo D’Alema e poi ancora
con la fine del governo Prodi II e con la nascita del governo Monti nato
dall’implosione della coalizione che sosteneva il governo Berlusconi IV.
Tutto ciò
era noto alla Corte Costituzionale e i giudici dovrebbero tener conto della
realtà che le leggi contribuiscono a determinare.
Favorire le
coalizioni significa indurre i Partiti a presentarsi insieme solo per avere dei
vantaggi a spese di altri Partiti che decidono di correre da soli.
In cosa
consiste il valore positivo della coalizione se dopo il voto la coalizione non
esiste più ma esistono i singoli gruppi parlamentari?
Che fine fa
la volontà dell’elettore che ha votato una coalizione per dare forza a un
progetto politico, se poi il suo voto serve una causa diversa da quella
sostenuta dalla coalizione?
Nel sistema vigente, ad esempio, tutte le liste coalizzate che prendono più dell’1% ma meno del 3% ingrassano le altre liste della coalizione che hanno raggiunto il 3% e quindi concorrono alla ripartizione dei seggi.
Ciò comporta
che l’elettore che vota la lista A coalizzata con B e C potrebbe finire per far
ottenere più seggi a B e C qualora A non dovesse raggiungere il 3%, evento che
nelle elezioni del 2018 si è verificato con entrambe le coalizioni in pista.
Il voto diventa indiretto e diseguale.
Indiretto perché in realtà gli elettori non scelgono i propri rappresentanti (quindi voto non personale) ma danno ai partiti il potere di scegliere chi mandare in parlamento in base ai consensi ottenuti o trasmessi da altre liste.
Diseguale perché un partito coalizzato potrebbe avere più seggi di un altro
partito non coalizzato pur prendendo lo stesso numero di voti proprio perché
tutti i voti dati alle liste che prendono più dell’1% e meno del 3% sono
trasferiti alle liste di coalizione che raggiungono il 3%.
La Costituzione però prescrive che il voto deve essere eguale e diretto (articoli 48, 56 e 58).
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