Un premio
che trasforma una maggioranza relativa in maggioranza assoluta garantisce la
profonda alterazione della rappresentatività del Parlamento e compromette
seriamente un sistema istituzionale basato sul governo parlamentare, senza garantire alcuna stabilità politica e
di governo.
Lo conferma
anche la storia: fine del Berlusconi IV per implosione della maggioranza e
nascita del governo Monti. Con il Porcellum abbiamo eletto il parlamento nel
2006, 2008 e 2013; quindi, una legislatura su tre finita anticipatamente e la
bellezza di ben 6 governi con 6 diversi presidenti del consiglio in soli 12
anni!
Leggiamo
cosa scrive la Corte nella sentenza n. 1/2014: “Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza prefigurato
dalle norme censurate, inserite nel sistema proporzionale introdotto con la
legge n. 270 del 2005, in quanto combinato con l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere
all’assegnazione del premio, è pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito democratico
definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza
del voto (art. 48, secondo comma, Cost.). Esso, infatti, pur non vincolando
il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque
che ciascun voto contribuisca
potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi
(sentenza n. 43 del 1961) ed assume sfumature diverse in funzione del sistema
elettorale prescelto. In ordinamenti costituzionali omogenei a quello italiano,
nei quali pure è contemplato detto principio e non è costituzionalizzata la
formula elettorale, il giudice costituzionale ha espressamente riconosciuto, da
tempo, che, qualora il legislatore
adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera
nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio
sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in
uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad
evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE,
sentenza 3/11 del 25 luglio 2012; ma v. già la sentenza n. 197 del 22 maggio
1979 e la sentenza n. 1 del 5 aprile 1952). Le norme censurate, pur perseguendo
un obiettivo di rilievo costituzionale,
qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei
processi decisionali nell’ambito parlamentare, dettano una disciplina che
non rispetta il vincolo del minor
sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti,
ponendosi in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e
67 Cost.”
In sostanza,
nonostante la Corte rilevi che l’impianto della legge elettorale sia
proporzionale e nonostante richiami il principio in base al quale se il
legislatore ricorre anche parzialmente al sistema proporzionale ingenera la
legittima aspettativa che non vi sia alterazione tra il valore del voto in
entrata e quello in uscita, per la Corte è conforme alla Costituzione una legge
elettorale proporzionale con premio, se altera in modo ragionevole la
rappresentanza per favorire l’interesse costituzionale della stabilità del
governo.
La Corte non
indica criteri per determinare quando l’alterazione della rappresentanza è ragionevole
e si limita ad affermare che occorre fissare una soglia di consensi affinché
scatti il premio. Quindi, un premio
condizionato come quello previsto dalla legge Acerbo del 1923, che fissava al
25% la soglia da superare, potrebbe essere ragionevole? D’altra parte
allora il panorama politico era così frastagliato che alle elezioni del 1921
solo il Partito Socialista si avvicinò al 25% … e oggi è ancora più
frastagliato.
Se mi fosse
possibile respingerei questa argomentazione della Corte per insufficiente
motivazione.
La
Costituzione nasce con due camere con durata differente, due diversi sistemi
elettorali, due diversi corpi elettorali, due diversi sistemi di ripartizione
dei seggi. Tutti elementi che concorrono a consentire la formazione di
maggioranze differenti tra le due Camere e che non favoriscono affatto la
stabilità del governo (vedi la differente durata delle due camere, previsione
abolita nel 1963).
Cosa
consente di desumere che la stabilità di governo sia un valore costituzionale
di tale portata da legittimare l’alterazione ragionevole della
rappresentatività del parlamento se nella Costituzione non troviamo nulla che
spinga verso la stabilità di governo?
Questa tesi
confligge con la storia costituzionale e persino con la volontà degli elettori
che hanno respinto la riforma costituzionale promossa da Berlusconi, in cui era
prevista l’approvazione di una legge elettorale che favorisse la formazione di
una maggioranza, rafforzando questa previsione con norme “anti ribaltone”.
Vi pare
ragionevole che chi ottenga il 40%+1 abbia un premio in seggi pari al 37%,
arrivando al 55% dei seggi, e chi prende il 40% si ritrovi a distanza siderale
per un solo voto (infatti, avrebbe il 40% ricalcolato sul restante 45% dei
seggi, vale a dire il 30% del totale)? Questo è ciò che la Corte considera
ragionevole. Il rischio concreto, dunque, è che persino una soglia inferiore al 40% possa essere ritenuta ragionevole.
Le elezioni,
per Costituzione, non servono a incoronare Miss Italia, ma a formare il
Parlamento che è la massima espressione della sovranità popolare.
Dove sta la
ragionevolezza di un sistema premiale in un contesto che resta di governo
parlamentare? Così si garantisce l’alterazione della rappresentatività del
Parlamento, ma non la stabilità di governo.
L’effetto politico del premio è sempre stato la nascita di coalizioni eterogenee per cercare di conquistare il diritto di formare il governo, snaturando la natura costituzionale del governo parlamentare.
Il premio ha prodotto maggioranze che sono implose (Prodi II e Berlusconi IV) o nessuna maggioranza favorendo la formazione di nuove forze politiche, mai votate dagli elettori, e nuovi governi e maggioranze (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni), ma sempre con equilibri tra le forze politiche alterati dal premio stesso.
Solo il premio previsto dalla legge Acerbo ha prodotto stabilità,
nell’accezione di Mussolini che ben conosciamo.
In questo
contesto, il premio di maggioranza è un autentico pericolo perché una parte
politica potrebbe stravolgere il sistema dei diritti costituzionali posti a
garanzia di tutti. Lo scopo di ogni
costituzionalismo, d'altra parte, è evitare che la maggioranza o la maggiore minoranza
possa prevaricare le minoranze.
Serve un
quadro costituzionale che, mentre assicuri a chi ha i numeri il pieno esercizio
del potere esecutivo, garantisca a tutti il pieno rispetto dei diritti
costituzionali.
Chi dovesse
avere la maggioranza assoluta del parlamento, controlla il Governo, potrebbe
esprimere il Presidente della Repubblica e controllare la Corte costituzionale;
potrebbe modificare i regolamenti parlamentari riducendo al silenzio le
opposizioni, potrebbe cambiare la costituzione senza nemmeno la garanzia di un
referendum e senza la chiarezza su cosa s’intenda per “revisione”
costituzionale.
Il nostro sistema non ha alcuna difesa nel caso una parte politica disponga della maggioranza parlamentare o addirittura dovesse disporre dei 2/3 dei seggi, traguardo possibile con un maggioritario o con un sistema misto come quello attuale.
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