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Cosa resta dopo decenni di ricerca della stabilità attraverso la legge elettorale?

All’inizio degli anni novanta del secolo scorso è prevalsa nell’opinione pubblica l’idea che il voto dovesse essere non solo scelta dei rappresentanti politici, ma anche scelta di un governo e di un programma politico. L’intenzione era dare stabilità al sistema politico affinché “il vincitore delle elezioni” potesse attuare il programma di governo che gli elettori avevano preferito. Così, il 18 aprile 1993 con il referendum sulla legge elettorale gli elettori imposero al Parlamento una svolta maggioritaria (al Senato).

Da allora siamo in viaggio verso una meta ignota.

Nel nostro sistema l’esecutivo deve avere la fiducia delle due camere, che per previsioni costituzionali hanno diversi elettorati e diversi metodi di assegnazione dei seggi; pertanto, la probabilità di avere maggioranze differenti tra le due camere o di non avere una maggioranza precostituita in una o entrambe le camere sono esiti che possiamo considerare inefficienti, ma pienamente conformi alla Costituzione e quindi eliminabili solo modificando la Costituzione. Inoltre, in un sistema in cui è sempre possibile in Parlamento formare una nuova maggioranza, è velleitario pensare che una legge elettorale possa produrre “il governo scelto dagli elettori” senza una profonda riforma costituzionale.

Spettava al Parlamento elaborare la svolta voluta dagli elettori per dare al Paese una legge elettorale e un sistema istituzionale tra loro coerenti. Purtroppo il Parlamento dal 1993 a oggi ha sempre fallito.

E’ singolare che in questo Paese, dal 1948 a oggi, ci sia sempre una parte politica che presenta l’altra parte come un pericolo per la democrazia.

Ieri era la DC e i suoi alleati che si sentivano obbligati a stare insieme perché diversamente i comunisti potevano andare al governo. Da anni è il maggior soggetto politico dell’area di centrosinistra a tentare di tenere insieme tutto il variegato mondo progressista (dalle volontà politiche indefinite) perché diversamente vincerebbe la destra!

Nonostante ciò, sentiamo ancora oggi parlare di vocazione maggioritaria, tessere le lodi del fallimentare Mattarellum, avanzare ipotesi di leggi elettorali che restituiscano un vincitore alla sera delle elezioni … mentre si delegittima l’avversario perché sarebbe “un pericolo per la democrazia”!

Sia come sia, ciò che dovrebbe risultare chiaro a chi teme derive autoritarie … è che chi dovesse avere la maggioranza assoluta del parlamento, controllerebbe il Governo, potrebbe esprimere il Presidente della Repubblica e controllare la Corte costituzionale; potrebbe modificare i regolamenti parlamentari riducendo al silenzio le opposizioni, potrebbe cambiare la costituzione senza nemmeno la garanzia di un referendum e senza la chiarezza su cosa s’intenda per “revisione” costituzionale.

Per larga parte dei costituzionalisti per revisione deve intendersi un intervento di tipo manutentivo, ma la riforma Berlusconi e quella Boschi-Renzi possono considerarsi manutentive o miravano a un nuovo e diverso assetto istituzionale?

Chi è rapito dalla vocazione maggioritaria, dovrebbe notare che il nostro sistema non ha alcuna difesa nel caso una parte politica disponga della maggioranza parlamentare o addirittura dovesse disporre dei 2/3 dei seggi, traguardo possibile con un maggioritario o con un sistema misto come quello attuale.

Questi rischi sono concreti e attuali?

Un sistema istituzionale non si valuta ricorrendo al calcolo delle probabilità o alle congetture, ma sulla base di ciò le leggi consentono che si possa verificare.

Approvare una legge elettorale autenticamente proporzionale sarebbe la scelta più tutelante per tutti fino a quando non si provvederà a rafforzane il sistema delle garanzie e dei contrappesi. E’ già successo nel 1923 che una maggioranza parlamentare ha consentito che saltassero le garanzie statutarie, ma evidentemente la storia insegna poco.

Eccoci, allora, costretti a presentare nuovi ricorsi contro il Rosatellum per richiamare il Parlamento a un dovere da troppo tempo dimenticato: dare ai cittadini una legge elettorale che restituisca il diritto di scegliere i propri rappresentanti, senza dimenticare che qualsiasi sistema elettorale deve essere accompagnato da un sistema di garanzie e contrappesi.

In caso contrario, persino il proporzionale è pericoloso perché non si può escludere che una parte politica conquisti la maggioranza assoluta del Parlamento e possa controllare l’intero sistema istituzionale.

Chi, con qualsiasi legge elettorale, ha i numeri per governare, deve poter governare, ma nel rispetto della cornice costituzionale che è posta a garanzia di tutti.

 

2 commenti:

  1. Infatti, nel 1923 è nato il fascismo.
    Ma, come già scritto, la gente dimentica.
    Slogan per velocizzare il parlamento ed avere un sicuro esito ed una maggioranza sicura, tutte le modifiche fino ad ora apportate alla legge elettorale, sono servite solo ad avvicinarci a quello che era successo nel 1923.

    Il vero problema dei partiti, è che non riescono a fare leggi per l'Italia ed i cittadini, ma solo per avere in mano lo scettro del potere, e la deriva oligarchica di Ostrogowsky galoppa senza fine.

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  2. Fu proprio la legge elettorale approvata nel 1923 dal Parlamento, e passata alla storia come legge Acerbo, che costituì lo strumento principe - la maggioranza assoluta del Parlamento - che consentì l'instaurazione del regime fascista nel rispetto formale delle garanzie statutarie. Da anni, la classe politica, inseguendo in modo maldestro il mito della stabilità di governo, sta ricreando le stesse condizioni politiche di allora. Nel 1923 il Parlamento decise di suicidarsi e da anni il Parlamento repubblicano è in profonda sofferenza.

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