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Come funziona il Rosatellum

Il Rosatellum (legge n. 165/2017) è stato utilizzato per prima volta (e noi lavoriamo perché sia anche l’ultima) alle elezioni del 2018. Questa legge è stata poi modificata con legge n. 51/2019 per rendere la legge elettorale idonea a qualsiasi numero di parlamentari.

Il sistema elettorale vigente consiste in una legge elettorale mista, per 3/8 con collegi uninominali e 5/8 proporzionali; con listini bloccati (non è possibile esprimere una preferenza) e senza voto disgiunto tra lista proporzionale e collegio uninominale (in cui si aggiudica il seggio chi prende più voti).

Concorrono alla ripartizione dei seggi solo le liste che superano a livello nazionale il 3%. Le coalizioni devono superare il 10% a condizione che almeno una delle liste coalizzate abbia superato il 3%. Le liste che fanno parte di una coalizione e non raggiungono l’1% dei consensi non concorrono al superamento della soglia di coalizione.

Un candidato può presentarsi in un solo collegio uninominale e in 5 collegi plurinominali, con la conseguenza che potrà risultare eletto in più collegi, al punto che la legge prevede anche il caso che si esauriscano tutti i candidati in un collegio e si debba ricorrere a candidati di altri collegi per assegnare il seggio.

L’elettore dispone di una sola scheda elettorale e può porre un segno solo su un candidato uninominale, o solo su una lista proporzionale o su un candidato uninominale e su una lista proporzionale a esso collegata, pena l’annullamento del voto.

La conseguenza di questo impianto legislativo è la sistematica violazione della volontà dell’elettore.

Infatti, chi vota solo un candidato uninominale, vota anche le liste a esso collegate; chi vota solo una lista proporzionale, senza poter scegliere all’interno della lista, vota anche il candidato uninominale. Chi vota candidato uninominale e una lista plurinominale collegata, sa solo che concorre a eleggere il candidato uninominale ma non sa chi concorre a eleggere nella quota proporzionale.

Ogni voto, infatti, ai fini della ripartizione dei 5/8 dei seggi finisce in un totalizzatore nazionale, poi l’assegnazione alle liste sarà effettuata in base alla classifica nazionale. Ne consegue che un voto dato alla lista X a Brescia concorre a consentire alla lista il superamento della soglia di sbarramento e in caso positivo ad avere degli eletti che però potrebbero essere a Bari perché lì la lista X ha preso più voti.

La tesi delle liste corte e bloccate che garantirebbero la conoscibilità dei candidati e con essa la scelta, è con evidenza priva di qualsiasi pregio culturale perché bisognerebbe conoscere tutti i candidati d’Italia. In ogni caso, conoscere non significa scegliere e nemmeno apprezzare.

Per quanto esposto, risulta evidente che il voto NON E’ UGUALELIBERO, DIRETTO e PERSONALE, come richiesto dalla Costituzione (articoli 48, 56 e 58).

La ripartizione dei seggi avviene, infatti, verificando quali sono le coalizioni che hanno raggiunto il 10% e quindi assegnando a esse un numero di seggi corrispondente alla cifra elettorale; poi si ripete l’operazione con le liste non coalizzate che hanno raggiunto il 3%.

La conseguenza è che se una coalizione è composta dalle liste A – B – C – D – E dove A prende il 4% dei consensi, B e C ciascuna il 2,5%, D l’1,5% e infine E lo 0,8%, questa coalizione ha una cifra elettorale pari a 10,5% (ottenuta sommando i consensi di A, B, C e D, mentre E non partecipa perché è sotto l’1%) ma tutti i seggi andranno alla lista A in quanto è l’unica ad aver superato il 3%.

Chi ha votato un partito finisce contro la sua volontà a ingrassare un altro partito. Effetto palesemente incostituzionale e anche irragionevole dal momento che il Rosatellum non richiede che una coalizione abbia un programma comune e un capo politico unico. Le coalizioni elettorali non hanno alcun vincolo e ogni partito anche se coalizzato può fare le scelte politiche che preferisce.

La Lega, alleata con FI e FdI, sostenne il governo con il M5S mentre i suoi alleati elettorali restarono all’opposizione; adesso FdI è all’opposizione del governo Draghi mentre gli altri alleati sono al governo.

Questo meccanismo produce un sistematico slittamento del voto da un partito all’altro, da una lista proporzionale al candidato uninominale e viceversa, rendendo il voto diseguale e indiretto, in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione. Un partito coalizzato che prende gli stessi voti di un partito non coalizzato può così ottenere una quantità di seggi molto superiore a quella che gli spetterebbe in base alla propria cifra elettorale.

La mancanza del voto disgiunto tra candidato uninominale e lista proporzionale rende il voto non libero. Infatti, l’elettore che non gradisce il candidato uninominale può votare la sola lista proporzionale, ma il suo voto sarà conteggiato anche ai fini dell’elezione del candidato uninominale. Abbiamo quindi una sorta di consenso tacito a favore del candidato uninominale qualunque sia il voto espresso.

L’impossibilità di scegliere tra i candidati produce un Parlamento di nominati e priva l’elettore del proprio diritto di scelta dei propri rappresentanti.

La legge elettorale vigente è per queste ragioni in forte odore di incostituzionalità, soprattutto per la mancanza del voto disgiunto tra candidato uninominale e listino proporzionale e per l’impossibilità di esprimere una preferenza, cosicché sono gli organi di partito, attraverso le pluri-candidature e l’ordine di presentazione in lista, a decidere chi potrà accedere al seggio parlamentate e proprio per questo ancora una volta i cittadini stanno ricorrendo allo strumento del ricorso per ripristinare il proprio diritto di scegliere i propri rappresentanti.

  

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